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martedì 25 novembre 2008

il funerale

Ricominciamo, va.
Ricominciamo da Hellblazer.
Ritroviamo la nipotina di John (ricordate?!) al funerale del nonno.
O meglio, prima del funerale. L'ombra permane e lei è l'unica a vederla. (ma va?).
Così sappiamo per certo che è una Constantine.
il padre è un idiota, la madre ha rifiutato da tempo il destino dei Constantine quindi Gemma è sola con questo peso.
Sola.
Sola ad attendere l'arrivo dello zio John. "Lo zio John ne capisce di fantasmi" (fosse un esperto di viacal...)
Ma ovviamente John non si presenta in chiesa, fa tutto il suo percorso per la via più dura (alla faccia del masochismo) e da l'estremo saputo guardando le fiamme che consumano il cadavere (una scena che in un film dell'orrore farebbe saltare in piedi anche il regista. Ma ovviamente in un film dell'orrore non permetterebbero mai una scena del genere) e lui e la nipotina si trovano solo molto più tardi, a casa.
John da un paio di consigli a Gemma, poi gli torna in mente perché il vecchio era in quelle condizioni. Che ha a che fare con il come ha scoperto che razza di casino che era la magia.
Una storia sui conflitti generazionali, l'incomunicabilità, le debolezze umane e l'elevato grado di malvagità che dimostriamo nell'adolescenza.
Soprattutto con le persone che ci amano (o a volte che ci odiano, la sottile linea fra questi due estremi è un altro degli argomenti di questa storia).
Una storia su quanto è facile farsi del male quando sarebbe molto più intelligente volersi bene.
In fondo le parole della sorella di Constantine a proposito del marito sono un'ottima chiave di lettura di tutta la storia.

martedì 21 ottobre 2008

la guardia dell'infinito

So un bel po' di giorni che vuoi la politica, vuoi scrivere, vuoi feisbuk, non aggiungo niente al blog.

Almeno questo.
Aggiornamento della fanfiction
con tanto di numero 21 della guardia dell'infinito.

buona lettura

giovedì 25 settembre 2008

cenerentola contro la terra

Ma approfondiamo i segreti del lupo luca.
È difficile essere il capo della sicurezza di una comunità segreta che cerca di evitare che il nemico la cacci fin nel mondo in cui si sono rifugiati?
E a che punto bisogna arrivare per svolgere questo compito.
Questa storia con Luca, Cenerentola e I. Crane è un buon assaggio.
Non vorrei rivelare troppo della trama, ma devo ammettere che questa versione di cenerentola mi piace.

martedì 16 settembre 2008

con estremo ritardo

Richard Wright, tastierista dei Pink Floyd già al momento della creazione del leggendario gruppo rock a metà degli Anni Sessanta a Cambridge, è morto a 65 anni d'età "dopo una breve lotta con il cancro". Il decesso è stato annunciato dalla famiglia del musicista, che ha avuto un ruolo importante - sotto il profilo creativo ed esecutivo - in una serie di grandi album della band.

venerdì 29 agosto 2008

Burattini

Ho visto (non che sia nuovo) lo spot di wake up, su Mtv.
La tizia assonnata che fa colazione con latte, pane e marmellata.
Spalma la marmellata sul pane, a fatica. Poi c'ha un colpo di sonno e la fetta le cade. Dalla parte della marmellata, ovviamente (chissà quanto hanno provato per riuscire a girare quella scena).
Ora, è provato. Le sostanze bisogna conoscerle. È evidente che c'ha bisogno del caffè, appena alzata, non di farina e zucchero raffinati.
Ma ovviamente divago.
In realtà ero qui per scrivere di una delle storie di Fables. La marcia dei soldatini di legno.
La storia è lunga, anche interessante. Ha a che fare con la candidatura del principe Azzurro a sindaco della comunità delle favole, il ritorno di Cappuccetto Rosso (ma di lei parleremo dopo), Pinocchio e tanti strani tizi di legno animato che sembrano conoscerlo, sembrano avere un atteggiamento di superiorità nei confronti dei tizi di carne, sembrano cattivi e lo sono.
È la storia di un passaggio tra il nostro (si fa per dire) mondo e il mondo delle fiabe che viene forzato.
È la storia di uno scontro tra Baba Yaga e la strega della foresta (avete presente quella che mangia i bambini? Quella che non si sa mai come si chiama?). Una bella storia d'azione e d'avventura, in cui il pericolo viene da direzioni inaspettate.
Il principe si rivela un abile stratega, Cappuccetto Rosso si rivela un'altra, non quella della fortezza.
Ovviamente Bianca e il lupo (che chiamano Luca) l'hanno sgamata subito, ma non ci vuole molto, loro sospettano di chiunque. Inoltre tutto era troppo perfetto nella sua fuga.
Apprendiamo inoltre un po' di cose sul funzionamento delle favole (ad esempio, poco dopo la morte di Orsetto, mamma orsa resta incinta).
Cmq la marcia dei soldatini di legno resta una buona storia, avvincente e piena di sorprese.
Altre fave a mollo.
Da leggere.

giovedì 21 agosto 2008

un po' di buonumore rosa

Ho visto "le avventure di Barbapapà", che così a memoria dovrebbe essere un montaggio degli episodi andati in tv (ma così a memoria parliamo di cose successe quasi 40 anni fa).
Affascinante, nella sua semplicità ed ingenuità.
Una favola ambientalista abbastanza ben strutturata, una volta superato lo scivolone iniziale dello zoo.
Tutti un po' troppo bendisposti, come spesso succede nelle opere dirette all'infanzia.
Del resto è ben difficile spiegare ai bambini che il pericolo è in famiglia.
Un limite anche il fatto che i Barbacosi nascono adulti o bambini a seconda della bisogna.
In ogni caso, guardandolo mi sono detto (immagino sia una forzatura dovuta al fatto che come tutti sono uso a rimirarmi l'ombelico): ma guarda un po' da dove nascono tutti 'sti elementali della terra che ossessionano la mia generazione di autori e quelli appena un po' più vecchi.
In ogni caso una bella riscoperta (viva le biblioteche).
Stanotte ho sognato, tra le altre cose (era un sogno abbastanza intricato) che stavo ritoccando un quadro. Insomma che dipingevo. E io so notoriamente peloso. Immagino non c'entri nulla.

mercoledì 20 agosto 2008

parliamo di favole

Beh, questa serie è già iniziata da tempo, da molto prima che aprissi questo blog. Quindi non si inizia a bocce ferme, recupereremo le parti necessarie durante l'analisi... la trattazione... le cazzate, insomma.
Sto autore lo conoscevo, in inglese, per una delle prime cose che aveva fatto nel periodo d'oro del mercato fumettistico americano. Si trattava di Elementals, della Comico e nel mucchio degli universi supereroici spiccava. Poi io litigai con il rivenditore di fumetti, mi disinteressai, un po' per necessità un po' per pigrizia, del mercato (e un po' perché lo spazio era già da allora un problema colossale) e vai a capire che fine ha fatto un autore promettente.
Quando hanno iniziato a tradurre Fables ho fatto un salto.
Non so voi, ma a me l'idea di leggere storie nuove di Biancaneve, il lupo, Jack dei Fagioli, Blue, il principe azzurro, Barbablù e non mi ricordo più quale personaggio c'era nella prima storia, dava una sensazione piacevole. In più era ambientata nel mondo "reale", ai giorni nostri, era un giallo ed avevano ucciso RosaRossa.
Ma veniamo alla storia di oggi.
È un singolo episodio, riportato in cima a un volume perché, giustamente, l'avventura editoriale della serie in Italia è stata un po' intricata e questo episodio è necessario alla comprensione della saga successiva.
Va analizzato (wow, continuo coi paroloni) a parte.
Noi sappiamo che ad un certo punto, non si sa come non si sa chi, un esercito composito ha iniziato a conquistare il multiverso dei mondi delle favole.
Dopo lunga e complessa battaglia un gruppo di profughi dalle favole europee è fuggito nel nostro mondo, ha costruito dei posti di guardia ai portali e ha costituito una colonia (anzi due).
Questa storia narra dell'ultima battaglia e della fuga dell'ultimo gruppo.
Una bella versione della serie dell'ultima fortezza.
C'è una quantità di gente sconfinata, ne citerò solo alcuni, perché vorrei parlare d'altro.
C'è Barbablù che accumula un immenso tesoro organizzando l'esodo.
Ma è l'ultima battaglia: è pieno di eroi.
Alcuni sono tra i miei preferiti, scriverò per secoli di loro, oppure: ho intenzione di scrivere per secoli di loro.
Ci sono i sette fratelli corvo, Cappuccetto Rosso (su di lei bisognerebbe fare un post a parte), Loxley e i suoi allegri amici, Brigomart, Boy Blue, naturalmente e la sua storia d'amore con Cappuccetto Rosso sarà centrale in molte saghe successive.
Colonnello Pelledorso (qualcuno dovrebbe averne sentito parlare) e il vecchio Pellinore (una delle sue ultime versioni è famosissima), il cavaliere dalla croce rossa (dicono che abbia ucciso un drago e che sia invincibile, fare la lista delle sue forme sarebbe lungo ed estenuante) e tam delle fate (chi non lo conosce?), ma facciamola corta.
Ah, dimenticavo, il principe e cenerentola.
È l'ultimo baluardo, dicevo, una storia classica d'eroismo, va letta, inutile raccontare un archetipo. La parte che vorrei sottolineare è questa. È stupenda, poetica, dura e triste.
Mette un sacco di fave a mollo, soprattutto la storia d'amore strappalacrime tra boy blue e cappuccetto, ma non solo, ovviamente.
Poi che volete, io con gli archetipi ci vo' a nozze, l'ultimo baluardo potrei leggermelo in 250mila versioni senza annoiarmi mai (ma non fateci troppo conto).
I disegni sono stupendi e il titolo, senza tanti giri, è proprio "L'ultimo baluardo". Tutto da imparare.
Come dicevo, sto tipo è tosto.

martedì 19 agosto 2008

di nuovo hellblazer

C'eravamo fermati a causa dei numeri che mi mancavano e che mancavano anche dalla biblioteca delle nuvole.
Stando alle conoscenze (certo, magari manchevoli) mie e di tutti quelli che ho sentito (e tra tutti facciamo una buona cultura fumettistica) in Italia sta roba non si è mai vista. In inglese non ce li ho. Quando la Comic Art ha sospeso la collana ed io ho iniziato a prenderla in lingua erano numeri già vecchi.
Approfitto della ristampa della Planeta, mi pare più facile.
Dovrò aspettare qualche mese a colmare il buco e proprio da questo numero non arriva più nella mia edicola di fiducia (manco a Truman giocavano scherzi del genere, solo che qui è vero, nessuno sceneggiatore può essere tanto stupido da replicare sta scenetta più o meno sistematicamente).
Della storia di Gaiman avevo già parlato. Partiamo dalla storia del family man (qui non l'hanno tradotto).
Intensa e dura. Per molti versi parla del rapporto col padre. Sono due Costrantine, i rapporti non saranno mai facili. Ma anche col serial killer è un rapporto dello stesso genere.
Non è un suo avversario usuale, deve usare armi più convenzionali e a conti fatti il nemico lo manovra, lo provoca fino all'inevitabile finale.
Ma in qualche modo John provoca la morte di suo padre.
Una storia dura, con un personaggio spesso e che ha lasciato da qualche parte un bel po' della sua spacconeria.
Ai bimbi immaturi che popolano sto pianeta sto personaggio più fragile e più forte non è piaciuto, io credo, invece, che sia una delle migliori storie di Costantine.
Dicevamo anche, svariati post fa che questa storia fa crossover con Sandman.
Family man doveva essere l'ospite d'onore al primo raduno dei serial killer. Ovviamente impedito ad arrivare verrà rimpiazzato dall'auto invitato Corinzio.
L'incubo dei sogni di sangue. E dal suo padrone e creatore, Morfeo, il signore dei sogni, che lo caccia.
anche quella è una bella storia. Dovrei averne già parlato.

c'è nulla

Ascoltando "io non mi sento italiano" di Giorgio Gaber (e il fatto che stavo per scrivere Italiano con la maiuscola la dice lunga) mi ha colpito un passaggio fondamentale. Quando prende in giro quelli che, poi, comunque, davanti allo straniero ( a proposito, avete seguito la avvincente sfida estiva a chi è la popolazione più maleducata del mondo? I tg ne erano pieni, più della guerra in Georgia) che infama la patria tira fuori il rinascimento.
Ho capito (benvenuto, direte voi).
La fondamenta dell'italianità, della ricostruzione ideologica di una identità nazionale mai esistita, è un momento storico in cui il sistema politico passa all'autoritarismo puro e la letteratura alla bella forma priva di contenuti che non siano "intimi".
Ora, trattandosi di una ricostruzione ideologica posso dire, io non sono italiano.
Benvenuto, direte.
Ma ovviamente non era di questo che volevo parlarvi. Come sempre parto per la tangente.
Il cannocchiale d'ambra, terzo libro della materia oscura.
Un po' troppo lungo, alla fine di questi cicli succede sempre.
Più d'un bel passaggio, evitata la stronzata che temevo dal libro precedente (quella del re è buono, o per lo meno, la colpa è dei ministri).
Semplicemente l'onnipotente ed eterno che ha condannato tutti noi a un terribile ed eterno campo di concentramento non è né l'uno né l'altro. È oramai un vecchio bacucco ad un passo dalla fossa.
La seconda
grande ribellione è in pericolo. Basteranno du ragazzini e una tribù di cosi con lo scheletro a losanga e che corrono su ruote vegetali a fare la differenza?
A conti fatti il libro è buono.
Peccato che nel finale, a prima vista buono, si perda tutto. Infatti inventato e attaccato li, tanto per fare il finale sofferto, ci sta il sovvertimento di tutto il ciclo.
Questo non è un universo di merda perché una banda di criminali autoritari e attaccati al potere come tale lo ha reso così.
Questo è un universo di merda. Anzi, è un multi-verso di merda.
Con tante grazie a tutte le sparate su ciò che è bello e piacevole nella vita.
Un vero peccato tutto un libro buttato nel cesso dietro alla massima protestante " la merda accade perché non hai lavorato abbastanza duramente".
Proprio vero che un'educazione religiosa non te la stacchi di dosso nemmeno con la carta vetrata.

lunedì 18 agosto 2008

sociopatie

È evidente, so uno psicotico asociale.
C'ho schizzi di rabbia di fronte al fatto che quando riportano il titolo dell'album di Frank Zappa ', ci aggiungono tra parentesi "apostrophe". Ma me ne fregasse qualcosa. Così a freddo.
I mortali c'avranno i loro limiti, cazzi loro.

lunedì 4 agosto 2008

gioco

un simpatico giochino

lunedì 28 luglio 2008

alti e bassi

Malgrado il periodo di merda (un congresso che più brutto è difficile, amicizie finite o quasi in uno sbuffo di merda e chi più ne ha più ne metta) qualche piccola soddisfazione tocca anche a me.
A fronte di 579 (non scherzo) chili di monnezza conferita in ricicleria mi sono beccato uno sconto di quasi un terzo della tariffa della monnezza.
Voi come state messi, invece, in questa improba lotta?

venerdì 25 luglio 2008

merda a palettate

Prima delle ennesime repliche di Dragonball c'è mediashopping. In questi giorni cercano di vendere una cosa del tipo "150 hits degli anni 80".
Cazzo, era tanto che nessuno mi ricordava fino a che punto gli anni 80 sono stati anni di merda.
Sfido io che come specie cerchiamo ancora di estinguerci.

giovedì 24 luglio 2008

gioioso e sincero

Era dai tempi del Lucifero di Rapisardi che non trovavo un'opera che avesse fino in fondo il mio atteggiamento con la religione. Insomma, magari fino in fondo no, ma...
Tanto per capirci, per citare la bibbia, quando Gesù sulla croce si rivolge al padre e gli dice "Cazzo, lo sapevo che me 'nculavi".
In verità, già Invisibles invertiva la classica contrapposizione buono cattivo mettendo nella parte del cattivo chiunque amasse la guerra, il dolore, la pena e il pentimento.
Ma Morrison è anarchico e quindi ne concludeva "Alla fin fine fate un po' quello che vi pare. Però vedete di tener ben presente che a me sta roba non piace e non ho alcuna intenzione di farla io".
Mo, il ciclo della materia oscura (c'è una sovrapposizione di significati in his dark materials che il traduttore o i redattori si sono ben guardati dal tenere in considerazione. Non che questo mi sorprenda) è stato accusato di essere terribilmente critico con la chiesa, mettendo un suo analogo in un altro mondo nella posizione del cattivo.
Come a dire che i cattivi del Signore degli Anelli so gli orchetti. *
Ovvio che l'impressione macroscopica è quella. Ma capiamoci. Non è la chiesa che ha preso il potere con la forza, creando un campo di concentramento di noia e tristezza, mantenendolo con la violenza più esagerata. Eliminando, per quanto possibile ogni voce di dissenso nel cosmo.
Ora, nulla mi toglie dalla testa che alla fin fine tutto si chiuderà con un colossale volemose bene magari condito da un bel po' di il re è buono, sono i suoi ministri che sono malvagi.
Però neanche nulla mi toglie dalla testa che la mela, proprio li, non ce l'ho messa io, ce l'ha messa un tizio che voleva essere obbedito a tutti i costi. Io, al posto suo, non solo non ce l'avrei messa ma avrei detto, magatela pure.
Vista la su posizione, non è che hanno messo in giro insulti o che so io.
In ogni caso un bel libro, anche scritto benino. Non che manchi di sentimenti, ma non c'è sbavatura di sentimentalismo. Anzi, è piuttosto duro, a scapito di personaggi anche simpatici.
Vorrei chiudere con un paio di citazioni, non perché non ho altro da dire, ma perché sennò la faccio davvero troppo lunga.
"...sempre intesi a sopprimere tutto quello che c'è di gioioso e di sincero nella vita." Ruta Skadi
"Non ci hanno dato nient'altro che menzogne, propaganda, crudeltà e inganni per tutte le migliaia di anni della storia umana." john parry.
Ecco, è questo. Al di la di tutto, siamo stati condizionati in una società costruita come un campo di rieducazione. E una delle discipline più dura che ci hanno messo dentro a forza, in maniera più o meno efficiente a seconda dei casi è: nessun piacere.
Sto libro lo dice. Ha anche altri pregi, ma questo mi pare più che sufficiente.

*
(Sia ben chiaro, gli orchetti so cattivi, maltrattati per generazioni fino a diventare cattivi, fino a conoscere la violenza e l'odio come uniche relazioni sociali. Però qualcuno che li manovra c'è. Non sarà tuta colpa loro.)

mercoledì 23 luglio 2008

Poi farò recensioni di libri, dischi film
ma intanto questo è "vangelo" come diceva il "duca".
e scusate il "francese"

venerdì 18 luglio 2008

il figlio del caduto

So' andato a vede' Hellboy, the golden army.
Sul titolo non faccio commenti, sapete già come la penso e quanto questo faccia guadagnar terreno alla parte elitaria della mia personalità.
È comunque positivo, a mio avviso, che in questo momento di una sola personalità si tratti.
Passiamo al film. Io trovo che Del Toro sia un buon regista, questo aiuta sempre. Aiuta soprattutto in quelle sottosezioni del film d'azione che sono il film di supereroi e il fantasy.
Visto che qui ci sono forti elementi di entrambi, poi, il rischio di tirar fuori una merdata era forte.
Invece il film, nel complesso, è buono.
Certamente il fatto che sia stato scritto da Del Toro e Mignola e non da qualcuno dei golden boy del film d'azione hollywoodiano contemporaneo (quasi tutti ex scrittori di fumetti e, tranne forse solo jeph loeb, più che mediocri) aiuta.
C'è dentro un sacco di roba, a volte, temo, del tutto accessoria per chi non ha letto il fumetto.
Soprattutto c'è dentro un sacco di esseri magici, stupendi.
Tocchiamo questo punto.
Quando si parla di creature magiche, soprattutto se parliamo di intere culture, così come quando andiamo a meter le mani sui miti, stiamo giocando con la struttura archetipica stessa della narrazione.
È per questo che spesso vengono fuori delle vaccate selvagge.
Eppure gli approcci sono riducibili a tre categorie e solo una assicura la vacata, e solo condizionata.
Sostanzialmente, riducendo la complessità per necessità d'analisi, le tre categorie sono:
1. puoi tenerti il più fedele possibile alle narrazioni che conosci, cercando di non modificare nulla. Questo, che a conti fatti costituisce il nocciolo duro del mio atteggiamento (ma appunto, se esci dalle semplificazioni categorizzatrici ti accorgi che il discorso è complesso, vanno bene per la trattazione generale, se scendi sulla singola opera danno solo una rete a maglie larghe, una gabbia. Questo discorso lo riprenderemo, prima o poi) ha il grosso svantaggio che o limita sensibilmente il tipo di storie che puoi scrivere, o rischia di produrre fratture nella coerenza narrativa.
2. Tieni ferma una sorta di struttura archetipica (o sovrarchetipica, se fosse possibile) in cui i richiami alla narrazione così come la conosciamo sono labili (ma non inesistenti) e i caratteri restano più o meno coerenti (che è quello che succede qui, ma anche, con altri risultati, nel Loki Marvel). Quando utilizzata, questa soluzione da i risultati migliori (non a caso costituisce comunque parte del mio metodo, anche se non determinante) il contrappasso è che non può che essere ben utilizzata, altrimenti scivola più o meno completamente nel terzo tipo. Inoltre è fortemente determinata dal periodo.
3. Te ne freghi e tieni elementi a caso riscrivendo tutto il resto come se si trattasse di storie e personaggi diversi ma con gli stessi nomi. In questo caso riesci a produrre cose decenti sono per coloro che non restano urtati da quel poco e quel molto che vedono assolutamente stravolto.
Il problema è che stiamo parlando di archetipi, è raro che siano assolutamente estranei a qualcuno.
Dicevamo, il grosso della narrazione fantastica è qui pregnata del secondo metodo. Capiamoci, la riscrittura è profonda e radicale, ma resta coerente. Noi tutti conosciamo più versioni dello stesso mito, spesso anche della stessa favola.
Scrivere qualcosa che resti nello stesso ambito è l'aspirazione di molti che lavorano su questa roba.
Hellboy, il fumetto, fa proprio questo, ma, in perfetto stile postmoderno, mescola i mondi narrativi.
Il primo film, che prendeva solo elementi dal fumetto, in realtà diventava più debole.
Qui ci troviamo a una completa rinarrazione di alcuni miti celtici, di cui conserviamo solo le tracce. Eppure quelle tracce possono tranquillamente essere parte della stessa narrazione, hanno senso.
In più le creature, tutte bellissime e tutte coerenti e le scenografie, non dirò impareggiabili ma certamente insuperabili. Perfette.
Qua e là ritrovo suggestioni da Neverwhere di Gaiman (se vi capita l'occasione vedetelo, tanto padroneggiate tutti l'inglese molto meglio di me) e da Mirrormask di Gaiman e McKean. Sarò io.
Le due cose che trovo assolutamente perfette sono il modo in cui muoiono gli elfi e il libraio.
Anche il gigante di pietra e la morte, comunque, sono stupendi. E la stanza di Abe.
E l'elementare vegetale. E l'impatto della società reale con i mostri, compresi i protagonisti.
Vabbè, non la faccio più lunga.

lunedì 14 luglio 2008

roccambolesco

Per i nostri standard non è che questo termine possa veramente applicarsi a questi due libri.
In realtà in tutto e per tutto si ha l'impressione che di uno solo si tratti, tanto poco è lo stacco tra il primo e il secondo.
Ma andiamo con ordine. Ho letto "il genio del male" e "la più bella di Parigi", i primi due libri della saga di Ponson du Terrail su Rocambole.
In realtà il personaggio da cui prende il nome la saga appare verso la fine del secondo libro, per rettificare un periodo di stanca della narrazione che fin li si era fondata sul predominio del meno idiota.
Sia ben chiaro, da un interessante spaccato della Francia degli anni 40 dell'ottocento. Per certi versi più credibile, poiché si concentra più sull'ambientazione che sui personaggi, di opere contemporanee di bel maggiore levatura.
No, veramente. E' credibile.
L'intera trama si regge sul fatto che più o meno tutti si fidano più di quello che dice un uomo dai modi affabili e furbeschi che di quello che vedono davanti ai loro occhi.
In un primo momento mi sono anche incazzato, un po' infastidito dalla esilità della trama. Poi ho fatto mente locale. Un po' di zapping in tv, un salto al bar. Pensandoci bene è incredibilmente realistica.
Per lo meno, io lo vedo accadere di continuo.
Uno ti rapisce, inganna, racconta palle?
Tu gli credi.
Uno ti dice che il pericolo non sono i suoi amici mafiosi ma gli zingari? Tu gli credi.
Funziona. E' credibile. Nulla da obiettare.
Ovviamente se uno dei personaggi (tranne i padroni, è ovvio) avesse la più banale coscienza di classe, tutto cio non reggerebbe. Ma è proprio sulla divisione delle classi che si fonda tutta la trama. Gli uomini di pregio sono affidabili per definizione. Le donne di pregio caste e pure per natura. Sic est.
Tant'è che i protagonisti, i buoni, sono tre coppie. Due sono nobili. Due carciofi inenarrabili, ma tanto che gli frega, sono persone di pregio. Da omaggiare e arricchire per dovere sociale. Due borghesi (ma lei è segretamente figlia di un nobile. Matrimonio di elevazione sociale per lui). E due operai. Pulizia e dedizione al lavoro, altro non gli è dato.
Tutti contentissimi della loro posizione. E sti cazzi, i nobili li capisco. Ma i du operai so veramente dei fessi indegni. Purtroppo nella moria di ladri, servitori e lacché (in effetti non un soldo di danno, a pensarci bene. Manco per il lacché simpatico del visconte. I servi toccherebbe ammazzalli tutti) loro sopravvivono. Non si può avere tutto.
Insomma, peccato che questa è tutta gente da sparargli alla nuca, perché una storia non è che si regge su tizie tizie del genere.
A dir la verità, in un passaggio, quello in cui Armand (il visconte) entra in possesso della propria eredità (anche sto pippone sarebbe veramente lungo da narrare, vero feuilleton) e nel rapporto col lacché c'è un bel po' del nucleo del personaggio Bruce Wayne, che vedrà la vita quasi ottanta anni dopo. La differenza è che Wayne è dotato di un cervello funzionante. Stò tizio, invece, con un intero esercito di sbirri, si fa infinocchiare da tre o quattro mezzeseghe. Proprio vero che se non capisci un cazzo il tuo lavoro è lo sbirro.
Anche il genio del male, il fratellastro Andrea (e chi, sennò) è un'altra mezzasega. Solo, un po' meno cojone della media. Chiaro che li in mezzo ci sguazza. Ma appena arriva uno che non è del tutto ciula il suo intero piano si sgretola.
Gli unici due personaggi degni di nota sono la concubina Louise (detta Baccarat. Sorella dell'operaia idiota) che ogni due per tre ricorda un fesso che s'è sparato perché non glie la dava (ogni volta uno diverso) e che appena si rende conto che non è trattata alla pari e si sveglia smonta il piano "abilmente" congegnato di Andrea e appunto, quando arriva, Rocambole. Spaccone, cinico, interessato al guadagno e con un cervello funzionante.
Poi cambierà, diverrà un po' più buono, mi dicono.
Ma ok, dopo tanti tentativi finalemnte trovano il personaggio. Tanto buono da entrare nel linguaggio e modificarlo. Dopo di lui sentendo Rocambole uno non pensa più a un tipo d'aglio spagnolo meno piccante. Pensa a storie d'azione rutilanti. Rocambolesche, appunto.
Quindi, malgrado il fatto che ogni tanto mi so incazzato e che provo un profondo disprezzo, sia di classe che perché sono idioti, per gran parte dei personaggi, la trovo una lettura interessante.

martedì 8 luglio 2008

È morto Michael Turner

Notizia riportata sul New York Times, che mi ha comunicato Laura.


domenica 6 luglio 2008

supereroi

Ho letto 'sto libro (Il mondo dei supereroi: il passaggio) quasi per dovere. Scritto da un noto scrittore di mondi altrui su un'idea di Stan Lee. Piccoletto (a conti fatti) era imperdibile.
Dunque, partiamo dai difetti.
Non finisce.
È sempre più usuale, in questi casi, lasciare la narrazione completamente aperta.
Qui, però, poteva tranquillamente fermarsi alla fine di uno qualsiasi dei capitoli e non avremmo notato la differenza. Al limite, ma certo che non è un cliffhanger rilevante, possiamo dire che il protagonista (l'alterego narrativo di stan) alla fine di questa storia inizia a sospettare di aver fatto una cazzata. Non è che sia una novità che le storie non finiscano, sia ben chiaro, ma anche i casi peggiori che avevo trovato fino ad ora (che poi sarebbero i romanzi di rocambole che sto leggendo in questi giorni) avevano dei punti di cesura più significativi.
Veniamo alle cose buone.
I personaggi, soprattutto per chi conosce i riferimenti reali, sono sfaccettati quel tanto che basta e gustosi (certo, Lee doveva odiarlo davvero Frank Miller).
La storia regge quasi completamente e lascia la voglia di continuare (adesso dovrò scoprire come).
Un'ultima cosa. Il personaggio cardine della storia (che fin qui non ha svolto ruoli significativi come personaggio, poteva essere tranquillamente un oggetto oppure una macchina) è molto simile ad Access. Chissà dove è spuntata per prima questa idea?

giovedì 3 luglio 2008

killeri anche oggi

sta a diventà 'nabitudine.
In ogni caso, ier sera mi son sentito rimproverare la mia pretesa di sapere tutto. Ok, questo è un periodo in cui essere ignoranti come una capra è un vanto. Io continuo, comunque, a pensare che sapere tutto è un compito degno di essere perseguito e del tutto alla mia portata.
Certo non è facile, ma avessi voluto la vita facile me ne sarei restato acquattato bel bello dentro la fgci, magari a sto punto starei a contende il posto da sindeco a alfio, oppure un posto da valletto o leccaculo me lo trovavano. Cazzo, erano riusciti a sistemare anche perrotta.
Però io continuo a pensare che tra un posto da leccaculo e cercare di sapere tutto il secondo è più alla mia portata, che volete, a me mi sa di prete pure Stirner.
Direte, che c'entra?
Beh, Mark Millar, il tizio che ha scritto il fumetto da cui è stato tratto Wanted, è uno che col fumetto di supereroi e con le strutture portanti del genere ci sa andare alla grande.
Sarà perché non è che si è dovuto fare le ossa competendo con mezzetacche come Lobdel (tanto per citare il migliore della sua generazione tra gli statunitensi) ma su 2000ad, tenendo il passo con Morrison, Mills, Milligan, Ellis, possedendo, lasciatemelo dire, meno capacità di partenza.
E infatti sa come si scrive e sa che cosa scrive. Ora, il film è completamente diverso dal fumetto, ciò non toglie che un paio di strutture portanti reggono. Intanto la parola d'ordine su cui si regge gran parte della letteratura eroica occidentale. Che non è, come alcuni sembrano credere: "quanto sarebbe bello essere un tizio che vola in calzamaglia invece che un patetico contabile" ma "Chi ha il controllo della tua vita?", perché, diciamocelo, chi vorrebbe essere Shocker o il Costrittore (o se è per questo anche Capitan Ultra)?
Per il resto è semplicemente un film d'azione piuttosto ben fatto, ma con una morale abbastanza discutibile, niente in confronto al fumetto.

venerdì 27 giugno 2008

ancora killeri

Qualcuno di voi ricorda il telefilm "Samurai"?
Era ispirato a un manga, che per qualche sconosciuto motivo (io credo che la ragione principale sia il fatto che gli editori italioti non ci capiscono un cazzo) non era ancora arrivato da noi.
Sto' mese è uscito il numero 28 e ultimo e quindi posso commentarlo.
È la traduzione dell'edizione americana. Risultato le copertine riportano 28 illustrazioni interessanti che non c'erano nell'edizione originale e tocca sciropparci il titolo "Lone Wolf & cub" in inglese, poiché è noto che gli editori italioti ritengono che i loro lettori sono così deficenti da non acquistare nulla che non abbia il titolo in inglese.
Il manga, ovviamente, è di livello superiore. Il disegno, molto sporco, è un gusto per gli occhi e ci vole di esse veramente pieni di se per accettare di fare le copertine che mettono a confronto il tuo lavoro co' 'na cosa come questa. La storia, parecchio giappo, è piena di intrighi politici, filosofia e azione. Bella, anche perché cambia registro sempre un attimo prima di diventare ripetitiva.
Racconta la vendetta di un vassallo dello shogun, caduto in disgrazia per via degli intrighi di corte che invece che fare seppoku decide, appunto, di vendicarsi.
Quindi lascia la via dello zen per entrare nella via del Meifumado (uno degli inferni buddisti, se non ricordo male). In pratica diventa un ronin e assassino a pagamento col nome di Lupo solitario e il suo cucciolo (perché della famiglia è sopravvissuto anche il figlio. Chi ricorda il telefilm ricorderà la carrizzina).
Pur essendo, alla fin fine, abbastanza infarcito di pippe sulla via del bushi e molto segnata dalla cultura specifica delle storie di Samurai (che poi sarebbero gli altri bushi, a parte i ronin) la lettura è piacevole, i personaggi per lo più interessanti e per niente stereotipati e lo spaccato della società feudale giapponese abbastanza accurato. Il che è molto per qualsiasi media.
Se ne avete la voglia e il tempo ne consiglio la lettura.
Alla bibionuvole, se non ricordo male, c'è.

sparare

Visto in foto, a conti fatti, non è che l'accrocco faccia la sua porca figura.
Il grosso era l'intreccio di cavi, ma non rende molto.
Passiamo ad altro.
Pur essendo, nei limiti degli impegni, ancora abbastanza nottambulo, i Fuori Orario, per lo più, li registro.
Immagino non sia una cosa particolarmente originale.
Ora, qualche giorno fa ho visto questo. a dir la verità l'ho visto in tre tappe.
Il titolo l'ho già dimenticato, cmq era quello in cui mostravano il killer di Darejan Omirdaev e the killer di John Woo.
Perché in tre volte? Intanto li registro proprio per vederli spezzati, raramente ho 5 o 6 ore consecutive per stare davanti alla tv.
Poi... beh, francamente, il killer è un film di una lentezza esasperante, con lunghe sequenze di camera fissa su oggetti il cui significato mi sfugge completamente e che non ti puoi neanche alzare e fare contemporaneamente qualcosa d'altro, nei momenti di maggior stanca, perché sottotitolato.
Peccato, perché l'intenzione era buona, fare un film che mostra quello che è diventata la società dopo il crollo dell'Unione Sovietica, raccontando la storia di un tizio che si rovina la vita indebitandosi per un banale incidente d'auto.
Banale per noi che c'abbiamo l'assicurazione obbligatoria, ovviamente (ma ce la leveranno, non preoccupatevi. Altra misura di sana selezione della specie).
Un bel contrasto con l'accademico, le cui lamentele per la perdita dei privilegi da accademico della scienza che aprono il film.
Purtroppo il cinema Sovietico era spesso esasperante rispetto ai tempi dell'azione, il crollo del sistema ha distrutto un sacco di roba, parte buona parte merdosa, ma questo l'ha lasciato intatto.
Stacco netto. John Woo, non ricordo più a quale festival, presentò un videogioco spara-spara.
Di quelli che sparandoti ti fanno solo un danno relativamente piccolo.
Poi passiamo a The killer.
L'azione è velocissima, viene applicata la regola numero uno dei film d'azione di Hong Kong (nessuno muore per un banalissimo proiettile) nonché il primo corollario (più il personaggio è tosto, più roba ci vuole per ammazzarlo). Il (mi pare) venticinquesimo corollario è: è obbligatorio usare il bazoka come arma antiuomo da vicino, malgrado il suo effetto sia ampiamente discutibile. Mentre il corollario 3 di qualsiasi film d'azione (nulla fa scheggia esplodendo) è perfettamente rispettato anche qui.
Ora, il film è avvincente, lo si guarda con gusto, arriva ad essere estetizzante nel piacere per l'immagine che il regista dimostra.
Ma, alla fine...
La storia di un killer che si innamora di una vittima collaterale della sua azione e che si sacrifica per trovare i soldi per l'operazione che le restituirà la vista.
Intanto fa amicizia con uno sbirro e perde il suo unico amico.
Il tutto negli intervalli di sparatorie in cui non vengono sparati meno di 15.000 proiettili.
Beh, un solo commento, i contenuti del primo con la forma del secondo avrebbero fatto un film perfetto.

mercoledì 25 giugno 2008

uffi

avecci du computer, anche se uno è un portatile, è un porco vantaggio.
Infatti il mio pc è saltato ancora una volta e io ho allestito sul tavolo una postazione transitoria, collegando il collegabile al portatile.
Prima di smontarlo, spero stasera, farò una foto.
Intanto mi sono connesso per aggiungere, a lato (spero sia leggibile) la lista delle cose che trovo, di volta in volta, sui volantini e che vorrei andare a vedere, sentire, fare baciare, lettera ecc.
Se invece non è leggibile troverò un'altra soluzione.
Se vi interessa qualcuno di sti appuntamenti fatemi sapere, magari si riesce ad andare insieme.

martedì 24 giugno 2008

un po' de cazzi mii

È un po', da prima delle elezioni, a conti fatti, che stò a sbroccà. Se non me do 'na calmata comincerò a avecce più di un problema. Per adesso i problemi ce l'ha l'ermi che non me sopporta più. Fatta la tara che 'ste cose non so mai colpa de uno solo, come biasimarla? Non me sopporto manco io...
Quindi mo, mentre bevo la seconda caffettiera della mattinata, prima di farmi una doccia e uscire per buttare un po' de monnezza al riciclo (qualcuno dovrà pur farlo) e smadonnare perché la solita sfiga vuole che ogni due per tre mi salta un pezzo del computer (che volete, ormai so vecchi anche i pezzi che avevo cambiato, fortuna che c'ho il portatile) e poi rientrare per fare du cazzate prima di andare alla laurea della Francesca (arriverò in ritardo, ovviamente. Ormai è un classico. Sto recuperando i crediti per le lunghe attese? Un'insolita concezione della bilancia karmica) butto giù du appunti.
Tanto per riprendere a postare regolarmente.
Cominci dall'ascolto di un album, piuttosto vecchio, dei Weather Report (mi direte, piuttosto vecchio si, so morti quasi tutti).
In realtà non è proprio così, anche perché in questa formazione aperta so passati quasi tutti i tizi tosti del jazz (esagero)
In ogni caso si tratta di Domino Theory.
Un veloce salto su internet è esaustivo (beh, non esageriamo, da un'infarinatura) su che vol dì.
Due veloci notazioni.
È ancora un bell'album, ma i miei gusti sono cambiati. Durante l'adolescenza lo adoravo, adesso noto certi passaggi un po' troppo gnegne.
Fatto il paio con il fatto che mi stò ascoltando un'intera galleria di compositori contemporanei l'ascolto ne ha risentito. Peccato.
La seconda notazione è: mentre cercavo su internet sono capitato in un blog, un tizio che sostiene di essere illuminato, che legge il foglio e che inserisce la Brand Corporation fra i suoi link.
E che attribuisce la teoria del domino a Bush.
È proprio vero, monsier de La Palisse invidierà questa mia affermazione: non importa quando è scemo un leader, ma il fatto che per quanto scemo e ignorante sia, seguaci che lo superano in queste due non invidiabili scale si trovano sempre.
La Brand Corporation, la prima volta che ne ho sentito parlare, non era il tink tank della destra americana, ma una copertura dell'industria petrolifera per mettere in campo un complotto per prendere il controllo della Casa Bianca in una storia dei Vendicatori.
Adoro il realismo delle storie di supereroi.

nuova fan fiction

Un tizio disse, in un film
così tante cose da fare e così poco tempo...

in effetti sono indietro di parecchio in quasi tutto.

Mo che ho finito col congresso di circolo cercherò di recuperare.

intanto leggetevi l'episodio conclusivo di Kl'rt

domenica 15 giugno 2008

i buoni

C'ho un difetto, sia nella vita che nelle letture. Nella vita, ovviamente, la questione è più problematica.
Mi stanno sul cazzo i buoni. Dalla bontà, così come socialmente determinata vengono fuori o grosse inculate o disastri colossali. C'è qualcosa che non va o qualcosa che non ci dicono.
Per fortuna, nella letteratura non tutti i protagonisti sono buoni. Più spesso hanno una morale personale molto ferrea ed esigenze relativamente semplici. Al massimo intendono socializzare i loro bisogni con chi ne ha di simili. Per il resto poche pippe.
Questo, nel fantasy, è sempre più raro. Ci sono malvagi abissalmente malvagi e buoni (per lo più principi) che malgrado il fatto che il loro sport giornaliero sia lo sfruttamento sistematico di milioni di persone, sono enormemente ben disposti verso la vita (e ci credo).
Ho letto "Conan il cimmero", ristampa di tre antologie di racconti su Conan di Robert Howard. Curati (e a volte, nel caso di incompiuti, completati) da L. Sprague De Camp (che è uno dei miei autori fantasy favoriti) e Lin Carter. E qui è evidente che
non è sempre stato così. I racconti di Howard non sono così e rileggere le prime avventure di Conan è una straordinaria boccata d'aria.
I malvagi sono abissalmente malvagi, ma di una malvagità materiale, che discende dai loro appetiti. La loro malvagità non è trascendente. Anche i demoni. Anzi, a conti fatti, i demoni hanno una animalità che li rende per lo più innocenti. Caso mai i malvagi sono gli ultimi sopravvissuti di specie pre-umane (ma secondo me sono autorizzati a un po' di astio, tranne lo stronzo che ha ammazzato Belit) e gli uomini civilizzati.
I buoni, semplicemente, non esistono. Al limite esiste gente intenzionata abbattere i tiranni o altri come Conan (che è un guerriero, quindi non è che viva di opere buone) che se venissero lasciati stare in ozio avrebbero solo il problema della noia.
Francamente, abituato alle storie post signore degli anelli, non mi ricordavo più come fosse dura la sword & sorcery. Qui, vuoto per pieno, il più ingenuo degli stregoni bianchi darebbe 25.000 punti di distacco a Sauron in stronzaggine, pur restando uno stregone bianco.
Conan è molto più duro ed ha una moralità molto più rigida di quanto non faccia il suo più noto e terribilmente smidollato omologo cinematografico. Un personaggio veramente grande, anche perché sfaccettato, pur con l'ascia.
Ma soprattutto la complessità dell'ambientazione è affascinante. Per continuare a scrivere storie di ambientazione hyboriana sono tentato di rileggere, di tanto in tanto, questi racconti, prendendo molti appunti. Molti, molti appunti. In ogni caso una lettura mediamente al di sopra del livello del genere.
Anche qui, come spesso succede nella letteratura del periodo, quando si parla di forze extramondo, si mantiene l'ambiguità tra spazio e iperspazio. Mi viene da chiedermi se era voluto oppure dipendeva dal fatto che non gli fregava nulla del problema.

giovedì 12 giugno 2008

È morto Steve Gerber

Visto che non lo saputo fino a stasera, pubblico il mess del sito Planeta.

Ci rammarica annunciare a tutti voi la morte di Steve Gerber, il creatore di personaggi famosi come Howard the Duck.
Gerber, scomparso la scorsa domenica, è stato un prolifico autore che ha lavorato per tutte le grandi compagnie dei comics, oltre ad aver prestato il suo talento al mondo dell’animazione e della tv.

Tra i suoi lavori più famosi potremmo citare, oltre al già menzionato Howard the Duck, Omega the Unknown e The Phantom Zone. Negli ultimi tempi aveva lavorato per la DC su titoli quali Hard Time e Countdown to Mistery: Doctor Fate, serie che ha lasciato in sospeso a causa della sua morte.

Il mondo dei fumetti è in lutto. Riposa in pace, signor Gerber

martedì 10 giugno 2008

brrrrr

Comuncio la mia giornata con "sveglia" della banda bassotti.
Era da un po' che non dormivo così tanto e che non mi sentivo così a posto la mattina.
Da prima della campagna elettorale, i viene da dire, ma certamente esagero.
Fatto sta che da prima della campagna elettorale mi sono fatto prendere da una lunga serie di azioni politiche scarsamente produttive.
Ovviamente intanto abbiamo avuto cazzatine del tipo Fassa Bortolo, la questione delle imprese che sversavano nella discarica abusiva di Passaggio di Bettona, le solite 20.000 lottizzazioni con conseguente modifica del piano regolatore (a Corciano non si costruisce se non in deroga al piano regolatore. E si che l'ha scritto un costruttore) ed il fatto che la questione del nodo ci investe, lo sbocco della mega-inutile opera pubblica dovrebbe essere nel corcianese (ma va?).
Sarà che la questione della ricostruzione del partito sociale non è per noi (ma spero per molti) una bieca tattica congressuale. Come dire, io è un po' che lo dicevo.
Quindi ero un po' depresso dal fatto che questioni di partito e istituzionali, comunque reali e urgenti, si portassero via non tanto il tempo di fare, quanto il tempo di pensare iniziative che ripartissero dalla più elementare pratica sociale. Poi ieri, al concerto di Ferrero (e non volevo neanche andarci, che volete, io mi annoio a ste cose anche quando l'oratore è spesso. È la chiacchiera in se che mi fa sto effetto. Invece è stato sintetico e concreto, pur non abbandonando il necessario orizzonte teorico) ho combattuto la mia forma complessa della sindrome di tourette chiacchierando con un po' chiunque e mettendo giù le basi per un paio di cose interessanti. Intanto mercoledì pomeriggio ci vediamo in un cinque o sei per valutare la fattibilità di una scuola popolare per il recupero dei crediti scolastici (o quello che cazzo sarà, anno per anno, riforma per riforma, visto che più o meno c'è una riforma all'anno).
Poi, visto che nella pratica sociale veniamo buoni ultimi, penso che fregherò qualche idea a giorgino.
Adesso che ci penso voglio fare un salto alla palestra popolare di San Sisto. Magari sarebbe anche ora di andarci. Mi scoraggiava un po' l'estate, ma sembra ormai assodato che l'estate non sarà torrida. Vedremo.
Insomma sono di un umore più che buono, per la prima volta da un bel po'. Il prossimo impegno di partito è all'una (ma devo preparare un po' di materiale) corro a scrivere.
Divertitevi.

giovedì 29 maggio 2008

doni?

Bella domanda.
Non perché sia l'ultimo, ma è probabilmente il miglior libro della serie.
Tutti, compreso questo, soffrono del fatto che la necessità di adeguare la narrazione ad un anno scolastico fa si che almeno fino alle vacanze di Natale si gira a vuoto.
Il risultato è che di Harry Potter si da una figura di un ragazzetto un po' scemo e ossessivo, più vicino alla visione che ne da Piton che a ogni altra.
Ora, io credo ci siano un paio di passaggi su Piton, in questo libro che sono magistrali.
Non succede più o meno nulla che non fosse prevedibile dal precedente, per chi ha seguito attentamente i dialoghi tra Silente e Piton, per lo meno.
Il passaggio migliore, ovviamente, è uno in cui non appare neppure, ma parlano di lui.
Notevole tutta la parte dei ricordi, soprattutto il conflittuale rapporto con Silente. Di cui abbiamo una visione nuova e più complessa, rispetto al bonario preside della scuola.
Interessante anche la parte ambientata nel testa di porco. Una delle cose meno prevedibili, anche se era evidente che quel personaggio, prima o poi, doveva scappare fuori.
La cosa interessante è che il regno del signore oscuro non è una cosettina all'acqua di rose, come spesso capita nei libri con lo stesso target.
Qui si crea da subito un sistema di morte, tortura, oppressione e RAZZISMO. E per dare la misura reale la gente muore, anche i personaggi più belli.
Chissà perché ci dimentichiamo o cerchiamo di fingere di non ricordarci quanto sia centrale il razzismo nei sistemi repressivi. Ma ok, se non contassero sulla nostra vigliaccheria e la nostra predisposizione a seppellire la testa sotto la sabbia i sistemi di questo tipo non riuscirebbero ad arrivare al potere.
Come al solito si trova più politica in un romanzo di genere che nella letteratura "alta".
La parte di Paciock è stupenda. "«Tu non c'eri» obiettò Neville. «Non l'avresti sopportata nemmeno tu. Il fatto è che reagire è utile, dà agli altri un po' di speranza. Lo notavo sempre quando eri tu a farlo, Harry»."
Poi la tipa scrive bene, soprattutto quando la parte centrale non è troppo inconcludente. Se scrivesse male non si riuscirebbe leggere 500 pagine in due giorni. Sarebbe impossibile. È avvincente.
Non dico da rilettura, non sono un appassionato tale da rileggere un ciclo di 7 romanzi in cui (tolto forse il primo) c'è una parte del tutto superflua in più di cose da leggere (o rileggere lo ammetto) ne ho milioni. Però è stato piacevole, ammetto che non gli davo un soldo bucato quando ho iniziato col primo.
Ma non so se continuerei la lettura. I personaggi migliori non ci sono più. Magari le avventure dei figli. Ma con un antagonista completamente nuovo, altrimenti non si comprenderebbe il senso.
Vabbè, se vi rimane del tempo dateci un'occhiata, in fondo si tratta di un mondo logicoe coerente, il che non è poco.

mercoledì 28 maggio 2008

harlock

Finita anche la prima serie.
Al tempo della prima trasmissione italiana c'era una ragione, che francamente non ricordo più, per cui mi capitava di vedere sempre le puntate iniziate. Credo fosse la contemporaneità con un'altra serie su un altro canale.
Si, c'era già un altro canale allora. Era folgorante, comunque, già allora.
Al tempo non c'avevo fatto caso, anche perché la parte sulla bimba modifica e normalizza abbastanza la serie, ma dietro questa storia c'è una morale complessa e personale.
È una serie molto giapponese, sia in quello che rispetta della tradizione che in quello che forza.
Malgrado il fatto che più meno chiunque nella storia è un genocida recidivo non teorizza lo sterminio dell'avversario, caso più unico che raro.
Credo che solo in alcune puntate del Silver Surfer di Stan Lee abbiamo lo stesso.
La serie è bella e caotica come la ricordavo.
Più o meno altrettanto coinvolgente (e ci vuole, su 42 episodi). Non c'è quasi nulla di insopportabile (a parte
Tadashi che è un idiota assoluto).
La continuità narrativa con le altre serie è minima, a questo punto dovrò dare un'occhiata a Galaxy express 999 (che comunque c'ha dei riferimenti espliciti a questa, ma è una serie completamente slegata. Come spesso succede l'autore riprende personaggi da una serie al'altra.
Ok, non c'entra nulla, ovviamente. Cmq una serie che riguarderò, col tempo.

domenica 25 maggio 2008

52

42 è la risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto.
52, per quello che riguarda questa storia ha una valenza più o meno identica. La differenza è che, conoscendo anche la domanda, conosciamo anche i limiti della risposta.
Sta storia, che sostanzialmente copre l'anno di vuoto tra crisi infinita e la ripresa delle serie classiche della dc (che cosa è successo mentre i personaggi portanti erano assenti e, in misura minore, dov'erano?).
La narrazione è di alto livello, con 4 autori e molti disegnatori che lavorano su una serie settimanale che racconta, settimana per settimana, un intero anno.
Si basa su un buon numero di personaggi minori e sul fatto che quando manca Superman nel cosmo dc la preminenza è data alla famiglia Marvel. In questo caso con un'interessante modalità.
Quindi, buona la storia. Bela la parte, che resta aperta, temo, per un nuovo crossover, delle avventure cosmiche di Animalman, Starfire, Adam Strange e, udite udite, Lobo.
Interessante l'avventura mistica di Elongated Man, che nel regno mistico dc prelude a un mutamento radicale del personaggio. Ci mancherà, ma contemporaneamente si aprono le premesse per un'interessante serie. Solo che se continuano a spostare personaggi sulla sezione magica finisce che non ne restano altri. E scrivere belle storie di magia non è facilissimo.
Question. Bella evoluzione. Uno dei limiti della storia, però, sta qui.
Mo mi vengono adire che un tizio che vive a Gotham, che è una delle città più inquinate del pianeta crepa di cancro perché fuma. Le multinazionali del farmaco e i loro sgherri me la vengono a raccontare. Però alle favoloe deve esserci un limite.
Bella storia Batwoman. Abbastanza prevedibile. Buona la questione che la famiglia monogamica eterosessuale non è l'unica forma riconosciuta di relazione affettiva.
Evviva l'intergang. Ho sempre adorato l'intergang. Peccato che la loro religione fondata sul crimine non è ciò che sostituirà il capitalismo di mercato ma, vuoto per pieno, la globalizzazione finanziaria liberista. Sti statunitensi mi cascano sempre su sta cosa. Morrison, invece, mi delude.
Problema con la famiglia Marvel. Gli statunitensi sono anche sciovinisti all'ennesima potenza e non accettano che esistano poteri che non siano la succube sottomissione alla logica dell'esportazione violenta della loro forma sociale. Loro la chiamano democrazia. E sti cazzi.
Pericle non sarebbe stato d'accordo, e si che anche Atene qualche difetto ce l'aveva sul fronte dell'eguaglianza.
L'evoluzione di Capitan Marvel alle prese con i suoi nuovi poteri è magnifica.
La profonda stupidità di gran parte dei personaggi di fronte all'evidenza è un classico del genere.
Soprattutto quando si parla di religione. E capiamoci, alla dc, al momento, la cosa è meno forte che alla marvel.
La questione degli scienziati pazzi e tutta la storia di Magnus è una delle cose più notevoli della storia. Era un'idea che avevo una certa voglia di coltivare anche io. Anche io ero arrivato al fatto che andava sviluppato in una mini.
Come Tomorrow segna il punto fondamentale per sconfiggere Black Adam mentre sembra sostanzialmente preso da una asta telematica e come l'asta si riveli, a conti fatti, più importante è meglio del passaggio dei fagioli e del termometro.
Lo scontro tra Bustergold e Nova, a posteriori, è notevolissimo.
La storia di Luthor, invece, ha il limite di tutte le storie di Luthor. Sottovaluta chiunque. Alla lunga è un po' un polpettone.
La società croatoano la scriverei volentieri. È piena di potenzialità. Più di quante se ne vedano in questa storia.
La nuova lega della giustizia. Francamente già visto, e con risultati migliori, con i difensori ultimate.
Beh, la cosa dell'uomo coccodrillo è notevole. Anche perché è davvero urlata eppure...
Cmq non voglio aggiungere altro. Nel complesso una buona storia. I limiti sono i limiti di sempre. Lo sciovinismo statunitense, cieco ai limiti della sua società. L'idea che sia giusto il loro dominio sul mondo.
Il finale, malgrado il fatto che l'antagonista principale era prevedibile (ma comunque gradita la sua evoluzione, seppur sforzata) ha i due difetti principali di essere attaccato li quasi per dovere e davvero forzato.
La parte di gran lunga più debole di tutta la storia.

sabato 24 maggio 2008

pirati

Per uno scherzo del destino (si, insomma, a caso) ho finito di vedere prima la seconda serie di Capitan Harlock che la prima.
Poco male, dovrei dire. Tanto è ambientata prima della prima serie e in un universo parallelo.
Si, perché nel vasto universo narrativo di questo autore la continuità narrativa è molto labile e ci sono più narrazioni contraddittorie dello stesso evento.
La serie è comunque gradevole, se si sopportano le solite forzature della logica e della scienza che però, fuori dalla fantascienza hard in letteratura sono, ahimè, all'ordine del giorno.
Inoltre le slabbrature fra questa serie e la prima riguardano più che altro l'anime, perché il manga da cui quella è tratta è perfettamente compatibile (al limite una scena o due andrebbero leggermente aggiustate).
Questa serie è la diretta conseguenza de "L'arkadia della mia giovinezza", il lungometraggio su Harlock. Il film, almeno nella versione che ho visto io, presenta dei mostruosi buchi nella trama, oppure i personaggi si muovono secondo una logica che io non capisco.
Qui, a parte un finale un po' troppo del tipo "deus ex machina" (in più d'un senso) questo non accade, anche se a un certo punto l'autore sembra dimenticare la premessa della serie (ma è un'ipotesi mia, non so se riuscirei a dimostrarla. Di certo non con chi non l'ha vista).
Alla fin fine una bella visione.

venerdì 23 maggio 2008

polimar

Delle tre serie di anime "supereroici" capitate in italia questa è la migliore. Lo pensavo allora e lo penso adesso.
E' quella più classicamente seriale, ma il doppio registro comico e drammatico della vicenda, alcuni buoni personaggi (un po' ripetitivi, a volte) la rendono buona.
Entriamo nella serie già avviata. Tutto è già perfettamente impostato. Takeshi lavora già per Kuruma. Scopriremo solo più tardi le origini di Polimar, e si tratta di origini più che accettabili, considerato tutto. La trama che lega la serie è esile, considerato tutto. Narra il periodo in cui il protagonista è scappato di casa, per contrasti col padre.
Adesso che ne so un po' di più del mondo riescoa capire che il contrasto era attorno a quello che il padre chiama "una questione di prestigio". Per un giappo il etrmine ha in realtà un altro significato. Il prestigio è una cosa che se si perde si può riconquistare solo con un gesto estremo e sia il termine prestigio che il termine onore colgono solo degli aspetti della cosa.
Il personaggio è giappo, quindi è un eroe tecnologico. I nemici, terribilmente spietati, hanno un aspetto ridicolo anche rispetto al genere (guardate gli uomini tartaruga, se non mi credete) ma appunto, sono spietati. La serie è, seppur con un registro che farebbe pensare il contrario, molto dura.
Buona, davvero.
L'oav che ho visto, rifatto molto dopo, invece, malgrado il segno non sia male è un po' troppo caotico. Kuruma, cmq, è buono. Gli altri personaggi, tutti diversi, invece, sono un po' tropo schematici.
A conti fatti dubito che gli episodi seguenti migliorino la cosa.
Peccato. Resta comunque una serie originale interessante.

le luci della centrale elettrica

Dunque, l'album è meglio del concerto. Gli arrangiamenti, comunque da curare ancora un po' sono di gran lunga migliori e anche il cantato è migliore.
Dopo di che, i testi, buoni, sono sostanzialmente delle prose e questo fa si che non si diversifichino molto.
La copertina è di gipi. Mi pareva di conoscerlo.
Nell'album c'ha lavorato Giorgio Canali, che dovrebbe essere un buon segno. Di certo spiega perché tutti dicono che il suono ricorda i cccp.
Nel complesso buono.

giovedì 22 maggio 2008

perché sono elitario

In un numero di Devil, Ben Urich, uno dei più mejo personaggi mai creati (giornalista occhialuto e magro proprio come doveva apparire Clark Kent pre-crisis grazie al super-ipnotismo), sentendo un servizio alla tv, in cui lo speacker televisivo dice"... l'avvocato cieco Matt Murdock, l'uomo accusato di essere Devil, resta irreperibile ... e non si sa dove sia.", commenta "pshhh... i giornalisti tv. Irreperibile significa che non si sa dove sia... idiota".
Ecco. Io ho lo stesso tipo di fastidio per il mondo.
Stamattina (ma tra un casino congressuale e un problema di rete è già iermattina) sono andato in centro, sono passato in fonoteca ed ho preso due cd, lou dalfin, gruppo occitano che quella tradizione rivisita e riattualizza e atahualpa yupanqui (devo aggiungere chi è?), poi ho fatto un salto al monimbò ed ho preso del caffè del chiapas e del huehuetenango (al momento è il mio favorito), cardamomo dello sri lanka, fatta a mano in sri lanka anche la carta della confezione.
Una bottiglia di rosso placido rizzotto, della cooperativa omonima coltivato in terra di mafia nelle terre alla mafia sequestrate, il tutto portato via in una sacca fatta in Bangladesh (che ha un puzzo di balla che solo chi è cresciuto in campagna può sapere che vol di. Qualcuno è cresciuto col puzzo di balla, qualcuno col puzzo di madlene). Poi, visto che in altri posti non la trovo (e fattela, direte voi) sono passato al negozio in via dei priori (che al momento il mio alzheimer incipiente mi costringe a dimenticare se è di pakistani) a prendere un mix di spezie specifico, tra l'altro realizzato in UK.
Poi ho preso gli ingredienti per rifare una pasta che avevo assaggiato in una osteria di roma col cuoco libanese. Tutto ciò, credo un po' per tutti noi è norma, non eccezione. E non di azioni necessarie è fatto, ma di scelte consapevoli.
Ora, 'ste merde, dopo svariati anni, ancora ci chiamano no-global.
Capite perché sono elitario?

in breve

http://poi.oziosi.org/node/268

mercoledì 21 maggio 2008

Kyashan

Caso e scelte editoriali vogliono che dopo la fine della serie di Tekkaman mi sono visto (dovrei dire rivisto) anche la fine della serie di Kyashan.
In questo caso, la storia di una guerra tra robot ribelli e umani.
Tre androidi molto avanzati, prodotti dalla maggiore autorità mondiale nel campo dei robot (questo nel contesto giappo è ben più importante che, tipo, da noi) per un incidente, acquisiscono un'individualità e decidono di sterminare l'umanità così da liberarsi.
Il figlio dello scienziato si offre per un esperimento, trasferire la propria coscienza in un corpo androide ultrapotente così da avere sia la superiore versatilità del cervello umano che la maggiore potenza dei corpi robotici.
Io sono cambiato. L'idea che i lavoratori, presa coscienza dello sfruttamento, si ribellino non costituisce più per me il tabù temendo che il sistema di indottrinamento che ha prodotto questo cartone voleva inculcarmi.
Però 'sti robot sono altrettanto bastardi che gli umani del cartone (si, gli umani, con poche eccezioni, in questo cartone sono delle vere merde) e la storia sostanzialmente tiene ancora oggi (vuoi anche per una certa drammaticità di fondo, vuoi perché, appunto, nel conflitto si salvano veramente in pochi e la ragione, seppur in una storia spostata dalla parte degli umani, non è per nulla certa una volta per tutte. Bene. Una su due delle serie di "super-eroi" giappo degli anni 70 che ho già visto integralmente resta ancora guardabile.
Vediamo il seguito. Ultima nota. È da poco uscito un film in cui invece che di robot si parla di cadaveri rianimati. La storia, sostanzialmente, è simile, mi pare di capire. Invece Kyashan il mito (che non ho mai visto) è una serie celebrativa di 4 episodi, solo per cassetta, di un 30 minuti che sostanzialmente riedita la stessa storia, cambiando alcun e cose essenziali, però. Ad esempio il finale è più mistico e Tetsuya le poche volte che si vede è vestito peggio.

martedì 20 maggio 2008

tekkaman

Da piccolo questo era uno dei cartoni che mi piacevano di più.
Questa storia di sto tizio in armatura che combatteva per difendere questa terra devastata dall'inquinamento, morente e ancora minacciata dagli invasori, in alleanza con pochi amici, anche alieni era veramente affascinante.
Peccato che tra i vari cartoni è quello che più ha sentito l'impatto del tempo.
La trama è ancora valida, ma proprio per quello i limiti sono più evidenti.
Intanto il protagonista è un idiota.
I singoli episodi si reggono con gli stecchini e le singole trame hanno per lo più buchi che ci passa un jumbo con le ali spiegate.
L'unico che ancora regge il confronto è anche l'unico personaggio con un senso, che è un alieno e lo hanno chiamato Andro.
È una serie che resta aperta (non ha un vero finale). Malgrado tutto è un peccato, infatti gli ultimi episodi sono fatti meglio degli altri (ma nel 24, malgrado tutto, resta un forte non sense nel comportamento e nei mezzi degli alieni). Resta aperta ma una seconda stagione non si è mai vista (anche questo è vero solo fino ad un certo punto. Infatti altre cose che si chiamavano Tekkaman si sono viste, in seguito. Non è continuata questa serie).

sabato 17 maggio 2008

pecore

Sheep è una canzone dei Pink Floyd

volevo inserire il testo in italiano, per puro anti-anglismo, ma le traduzioni che ho trovato erano peggiori di quella che avrei potuto fare io. È tutto dire.

Harmlessly passing your time in the grassland away,
only dimly aware of a certain unease in the air
You better watch out, there may be dogs about.
I've looked over Jordan, and I have seen things are not what they seem.

What do you get for pretending the dangers not real.
Meek and obedient you follow the leader
down well trodden corridors, into the valley of steel.
What a surprise! A look of terminal shock in your eyes.
Now things are really what they seem. No, this is no bad dream.

The Lord is my shepherd. I shall not want He makes me down to lie.
Through pastures green He leadeth me the silent waters by.
With bright knives He releaseth my soul.
He maketh me to hang on hooks in high places.
He converteth me to lamb cutlets.
For lo, He hath great power, and great hunger.
When cometh the day we lowly ones,
trough quiet reflection and great dedication,
master the art of karate,
lo, we shall rise up,
and then we'll make the buggers eyes water.

Bleating and babbling I fell on his neck with a sream.
Wave upon wave of demented avengers
march cheerfully out of obscurity unto the dream.

Have you heard the news? The dogs are dead!
You better stay home and do as you're told,
get out of the road if you want to grow old.

giovedì 15 maggio 2008

kirikù

Nasce un grande mago.
Nasce da solo e ancora neonato pensa da solo ai propri bisogni.
Il dialogo con la madre è notevole.
Notevole è tutto il film e la vita in un villaggio in una zona non meglio definita dell'Africa è credibile (verosimile, dovrei dire). Ovviamente i seni nudi delle donne hanno comportato la non distribuzione nei paesi anglosassoni.
Ci sarà una ragione se l'umanità, sotto il loro dominio, rischia l'estinzione.
In realtà è una storia interessante e intelligente, in cui un bambino magico, saggio e veloce, capace di parlare prima ancora della nascita (che simula un rituale di iniziazione, invece che il contrario) contrasta e alla fine "vince" la strega che angariava il villaggio.
La chiave del successo di Kirikù, operò, non è la pistola più grossa (la forza) ma l'intelligenza.
La domanda che pone sempre e a cui nessuno, di coloro che perseverano nella stupidità (si, sta qui la chiave, la soluzione sta nei processi complessi, troppo difficili perché i più vi si dedichino) sa dare la risposta è: perché la strega è cattiva? Perché la soluzione di tutti i problemi sta nella conoscenza delle cause. Non nella pratica del fascismo internazionale.
Il film infatti, si conclude con l'accoglimento della strega nella comunità, non col suo annullamento.
Credo sia anche questa una delle ragioni per cui il film non è stato distribuito nei paesi anglosassoni.
Incidentalmente in biblioteca c'era anche Kirikù e gli animali selvaggi, una serie di racconti fuori scena della storia principale, carino, altrettanto ben fatto, ma chiaramente meno denso.

mercoledì 14 maggio 2008

preparati, che il prossimo sei tu

Prima di tutti vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendermi e non c'era rimasto nessuno a protestare” (Bertold Brecht).

lamette

Un vero e proprio stacco.
Una storia pubblicata un paio di anni dopo (per lo meno).
Altro autore.
Gart Ennis e Steve Dillon, un'altra coppia tipica.
Dillon è un buon disegnatore punto.
Non che raggiunga vette di eccellenza.
Ennis è stato per un po' l' enfat prodige della Vertigo. Poi si sono stufati di lui.
Irlandese, giovane e con una vena splatter molto sanguigna è un buon narratore (tanto per capirci è l'unico che riesce a scrivere il Punitore protagonista in modo che io riesca a leggerlo).
Essendo irlandese (abbastanza mangiapreti, sembrerebbe) ha una formazione cattolica, si vede, nell'approccio (l'avversario è, appunto, Satana). Visto che però nel complesso inferno DC farlo primeggiare è un'impresa titanica è una specie di caduto prima della creazione, quasi un antagonista ontologico. Più Ariman che il L'accustore della tradizione ebraica che diventa il grande antagonista colpevole di ogni misfatto di quella cattolica.
Però è stronzo.
Questa è una storia in cui c'è un prete viscido che sputtana i segreti della confessione. Un delatore che diventa serial killer in seguito alla visita del demonio (che lo fa sbroccare di brutto confessandogli il "crimine" per cui è stato punito. Se qualcuno ha letto mistero celeste di Gaiman...). Per il resto una storia che si dipana a flashback. Piuttosto buona.

martedì 13 maggio 2008

fantasmi e barboni

il numero successivo è scritto da Neil Gaiman e disegnato da Dave McKean. Una coppia tipica, assieme hanno fatto parecchie cose.
La storia, a conti fatti, è una classica storia di fantasmi.
Tre barboni crepano dal freddo in una casa semiabbandonata. Da allora uno di essi infesta il condominio fino a che John non lo "accoglie"
In mezzo ci sta anche una storia di coppie lesbiche e desiderio di maternità.
Appunto, la storia non è sta novità, ma Gaiman scrive da dio e questo la rende imperdibile.
McKean, poi... Beh, difficile dire di più. Date un'occhiata qui.

lunedì 12 maggio 2008

il re cremisi

Sto album m'è sempre piaciuto.
Qualche volta sembra che negli anni ottanta si sentisse solo merda. I gruppi migliori non li avevo ancora scoperti, i peggiori imperversavano.
Un po' questa seconda cosa è vera.
Ma ascoltavo un sacco di roba dei decenni precedenti (in realtà quasi tutta degli anni 70).
Fra gli album più interessanti ( e uno dei pochi che non tutte le mie fonti avevano) c'era il primo album dei King Crimson. Due pezzi dalla ritmica incalzante e tre molto d'atmosfera.
In un altro momento sarei più verboso.
Per questa volta mi limito a consigliarne l'ascolto.

domenica 11 maggio 2008

primo
















Ecco qualche foto di Cosimo.





Nei limiti della mia incapacità, ovviamente.

dimenticavo


uomo di ferro

Come ogni volta che esce un nuovo film sui supereroi facciamo una capatina a Bologna, punto intermedio, per una riunione della fan-fiction.
Come spesso accade, siamo io, il Furla, Carlo e Valerio.
Che volete, qui come ovunque, la gente o non sa divertirsi, o non riesce a gestire i propri impegni o si è appena scazzata con me.
Come spesso accade facciamo la spola tra fat's dream e alessandro (impiegandoci più di mezz'ora in meno rispetto al solito, combinato di un percorso più ergonomico e dell'uso dell'autobus) poi via in pizzeria (sempre la solita).
Io ho preso qualche fumetto più del preventivato.
Poi via al cinema.
Invece che la solita strozzatura sta volta è andata meglio.
Lungo il tragitto, dato che avevamo meno roba in piedi, meno casini nella fan-fiction, rispetto al solito, abbiamo discusso anche del film e del fatto che oramai ci aspettiamo ben poco dai film di supereroi che vengono sfornati uno dopo l'altro.
Ovviamente il giochino del giono è: che votano i personaggi Marvel? Devo dire che ci abbiamo messo un po' ad accorgerci che dalla nostra stima emergeva una partecipazione al voto un po' al di sopra della media USA.
Ma veniamo al film. Dicevo, non ci aspettavamo un gran che, ma un po' d'azione, per lo meno, speravamo di vederla.
Quindi a conti fatti il film ha superato tutte le nostre aspetative.
Nel complesso è buono. La trama, non complessa, è ben strutturata. I personaggi, forti anche dell'utilizzo di attori buoni, sono ben fatti, sufficentemente aderenti al modello, sufficentemente attualizzati rispetto alle origini.
Unica pecca, a mio avviso: Pepper è un po' troppo simile, in certi passaggi, a Mary Jane Watson.
L'unico personaggio ad essere stravolto è Stane. Non che mi dispiaccia, anzi.
Le scene d'azione sono ben fatte, non troppe. L'interrelazione fra i personaggi buona. Senza eccessive sbrodolature.
La questione delle armi, dell'effettivo potere del complesso militare industriale all'interno del sistema americano (ops, statunitenze), della corsa al profitto sopra tutto, della sete di potere, del fatto che le armi di tutti i contendenti sono legalmente o meno vendure dagli stessi produttori, tutto questo c'è, neppure troppo annacquato.
Quello che manca è, caso mai, il ruolo dei governi in tutto questo.
E' un film d'azione, in fondo. Gli unici, a parte i documentari di Michael Moore, a parlare delle pecche del sistema.
Comunque, malgrado le pecche, fra i migliori del sottogenere, fin qui visti. Ottima animazione (senza raggiungere la perfezione) Ottima l'idea della leggera zigrinatura dell'armatura.
Bellissima (e un po' improbabile anche nel contesto) la prima armatura.
Solo il finale mi lascia perplesso.
Io scrivo, per lo più, di personaggi senza identità segreta. Ma continuo a pensare che il genere soffra dell'assenza. Per alcuni personaggi questa è necessaria. Iron Man è uno di questi.

venerdì 9 maggio 2008

nord

Come dicevo, poi la storia de "l'uomo di famiglia" viene spezzettata editorialmente. Non ricordo più perché, se mai l'ho saputo, ma da questo punto in poi vengono intervallate varie storie di altri autori.
Da un punto di vista di credibilità della narrazione si costruisce un vulnus spiacevole.
In ogni caso, a questo punto, affronto la prima di queste storie.
Tre premesse. Grant Morrison (vi ho già scritto di lui) è fra i miei autori preferiti, per lo meno per quello che riguarda il fumetto.
E' un signor narratore e costruisce suggestioni colte attorno alle teorie più oscure (o alla moda, a seconda dei casi).
La saga di Costantine è, per lo più, ben disegnata, ma i grandi autori, per lo meno fino a un certo punto, scarseggiano. Qui ci sono i disegni di David Lloyd. Anche di lui ho già parlato. V for vendetta.
Qui, complice anche l'uso dei colori, c'è una delle poche serie di tavole fumettistiche di cui non disprezzerei avere uno o due originali da appendere.
Infine il sistema difensivo di preallarme di Flylingdales.
Nella realtà è una serie di orribili istallazioni di cemento. Lloyd riesce a prendere le tre sfere e trasformarle in uno dei ricorsi ossessivi che da il ritmo alla storia.
La storia in se è abbastanza semplice. Una corsa distruttiva tra deindustializzazione, revival folkloristico con strizzatine d'occhio a suggestioni pagane, ipotetiche macchine per la guerra psichica in un crescendo che può portare solo all'ecatombe.
John qui è poco più che un testimone. Ed alla fine ti resta il dubbio che il tutto sia dovuto all'intervento di qualche essere malvagio oppure solo il frutto delle pulsioni autodistrutive dell'inconscio collettivo di una intera cittadina.
L'unico personaggio degno di nota è una fotografa, amica di John, chiaro tributo a Valentina.
Bella storia, in ogni caso.

mercoledì 7 maggio 2008

premessa

Quando si dice la fantasia. Una scarpetta su un cuscino (sarà almeno un 43), lo scudo a specchio e la testa della gorgone, una delle antenne della macchina del tempo, la bara di Dracula, il libro delle mappe di Gulliver, quando John si accende l'immancabile sigaretta con una pagina del Necronomicon mi sono piegato in due dalle risate. Da una parte sotto un mucchio di ciarpame c'è una lampada a olio, accanto due elmetti, di cui uno più piccolo ha delle lunghe ali.
Ovviamente si sprecano i "culti innominabili" (pessima traduzione mia a memoria), "i culti dei Ghoul" e tutti gli altri libri della tradizione orroristica pulp. Ma bando alle ciance, è del numero successivo che volevo parlare.
L'introduzione alla saga, purtroppo molto frammentata editorialmente de "l'uomo di famiglia".
Un crossover, a conti fatti.
Infatti l'uomo di famiglia doveva essere l'ospite d'onore del primo convegno dei serial killer nel mezzo del quale piomba Sandman alla caccia del Corinzio, nella serie di Neil Gaiman.
John è rimasto per un po' a Northamton, nella casa di Jerry.
Ma la cosa gli sta venendo a noia, quindi si costruisce un pendolo rudimentale e divina la combinazione della cassaforte.
Dentro, assieme a un po' di soldi e della droga ci sono i diari di Jerry. In quel mentre suona il campanello. John si caca sotto per via della droga, che scarica nel cesso, poi va ad aprire.
Non sono gli sbirri ma un simpatico vecchietto a cui Jerry aveva lasciato una busta, indirizzata ad un certo H.Familiaris. (considerate che John è un sottoproletario inglese di nascita, per di più di Liverpool).
Vabbé, la capacità di John di non farsi i cazzi suoi lo spinge a guardare cosa c'è dentro. Sembra la scheda investigativa su una famiglia.
L'omino va via. Mentre John mette i soldi in una sacca si accorge che ci sono i diari e i libri contabili e si mette a leggerli. Parte un lungo pezzo in cui tra flashback e i diari si delinea meglio la figura ossessionata dal commercio di Jerry.
E John scopre che forniva di tutto a tutti, fino a che non ha ricevuto la proposta di trovare souvenir delle gesta dei serial killer. E a un certo punto riesce addirittura a contattarne uno. Che in cambio non voleva soldi.
Crolla un mito. E nel mezzo di una crisi di nervi John riceve la telefonata di un tizio, un acquirente, che gli chiede del souvenir dell'ultima vittima e chiama il seria killer Homo Familiaris.
Finalmente John fa due più due.
Ripresosi dallo shock fa un mucchio di carta, la brucia e se ne va rompendo il tubo del gas.
Non credo ci sia molto da aggiungere se non che la tensione è perfetta e che quando John si accorge, in un crescendo della narrazione diaristica, che Jerry procurava le vittime al serial killer la scena riprende il gatto che da la caccia a un uccellino.
E questa è solo la premessa.
La prox volta stacchiamo.

martedì 6 maggio 2008

orsetti

C'ho 'na fiacca terribile, fortuna un po' de frutta nello yogurt e lo zenzero candito (che non è perfetto, un po' devo affinare la ricetta, un po' lo zenzero non era proprio maturo).
In ogni caso prenderlo pezzo per pezzo e rigirarlo nello zucchero è un ottimo esercizio per la mia ultima fissa. Imparare ad usare le bacchette con una relativa naturalezza.
Bando alle ciance, che c'ho da fa 2000 giri e 15.000 cose.
Ma prima un paio di cose su sto episodio di Costantine. È una classica storia di caccia, con il nostro nella veste non tanto della preda, ma del testimone (ci saranno più racconti del testimone, in seguito).
Un racconto di passaggio, stacca, alleggerisce e costruisce un pretesto per introdurre il prossimo, editorialmente incasinato, ciclo.
John torna a Londra, dopo la fine del ciclo precedente.
Ora, le parti in cui John interloquisce coi tizi che gli danno i passaggi o i tassisti sono una parte gustosa, perché è uno estroverso che chiacchiera con chiunque incontra, di norma. In questo caso trova uno simpatico.
Insomma, la storia precedente è finita. John è stato scaraventato in mare, delle tre donne che eseguivano il rito non ha notizia, i draghi sono rimasti troppo poco tempo per far si che cambiasse il mondo.
Oppure siamo stati troppo lenti e stupidi per cogliere l'occasione.
John tende a farsi scivolare la vita addosso. È di nuovo a Londra, senza casa, senza soldi. Visto che si trova vicino alla casa di un suo amico, un tizio strano con la passione del commercio, con l'ossessione del commercio, vorrei dire, decide di andarlo a trovare.
Comincia qui una storia surreale, con John che scambia l'insegna di Abner e Benton per quella di Admiral Benbow (ammiraglio Benbow).
Trova il suo amico abbastanza terrorizzato, ma attribuisce la cosa al fatto che è un personaggio di professione. Invece non faceva la scena e un cieco, arrivato da dietro, gli consegna un messaggio e poi svanisce, apparentemente investito da un'auto che passa.
Entriamo nella casa di Jerry, oggetti e oggetti ammassati ovunque.
Di vari tipi, ma per capirci descrivo alcuni di quelli che ho riconosciuto.
Lo specchio della strega di Biancaneve. Una bottiglia con scritto sull'etichetta "drink me". Un'incudine, con un buco sulla parte superiore appoggiata su una roccia sulla quale si legge dopo la prima parola monca che non riconosco (più che altro per la calligrafia, credo) "this sword from th", il basamento di una statua, alto quasi come un uomo, sopra il quale sono rimasti solo due piedi e il fondo di una tunica. Sul basamento si legge "my name i" "Ozym" "king" "look" su quattro righe. Insomma, sta roba. Presumibilmente vera, è un intenditore.
Insomma, c'è qualcuno che gli da la caccia, scopriamo che si tratta di una specie di tribunale della narrativa (tutti i personaggi sono apertamente o meno personaggi letterari) che ha decretato che visto che molti scrittori si sono ispirati a lui per i propri personaggi lui è più un personaggio di fantasia che uno reale e quindi non può essere libero di girare per il mondo fino a che non è scaduto il copyright.
L'allusione è chiara, non c'è bisogno che la svisceri. Chiara e molto suggestiva.
Così suggestiva che dovrei fare un archivio dei personaggi liberi da copyright. Quasi quasi...
Insomma, alla fine lo beccano. Due sole ultime notazioni. Quando Tarzan, vestito come un nobile inglese con un completino da jogging firmatissimo salta giù dagli alberi e fa fori i cani di Jerry mi sono piegato in due dalle risate. Adoro le riscritture. Insieme al fatto che il carceriere che trascina Jerry nelle segrete è una versione gigantesca e riconoscibile di Winnie the Pooh, uno dei personaggi che hanno "goduto" dell'interdizione alla libero uso con l'allungamento dei tempi di validità del copyright approvato, in USA, proprio su spinta della Disney, che ne detiene i diritti.
Agghiacciante il fatto che alla fine Holmes fa notare che anche John conosce un sacco di scrittori e che anche lui ha una vita letterariamente suggestiva.

lunedì 5 maggio 2008

non piangere maria

Modugno - Castellacci Modugno
Han stampato un manifesto che parla di noi:
italiani brava gente siam stanchi di voi.
No, non piangere Maria sto bene lo giuro
non ci cacceranno via, almeno per ora.
Non piangere Maria, non c'è ragione
un anno passa presto Amore mio
anche se può sembrare una prigione
ci stiamo tutti quanti in allegria

M'hanno preso in sette otto con giacche di pelle
m'hanno dato tante botte, che male alle spalle.
No, non piangere Maria sto bene lo giuro
non ci cacceranno via, almeno per ora.
Non piangere Maria non c'è ragione,
un anno passa presto amore mio.
Anche se può sembrare una prigione
ci stiamo tutti quanti in allegria.

domenica 4 maggio 2008

baila

Visto che capito in biblioteca, un po' così per passare il tempo, un po' perché già adesso per sistemare tutti i miei libri e quelli dell'ermi ci servirebbe un castello (sto giocando al superenalotto).
Sta volta ho trovato st'operazione un po' furba un po' interessante.
Tenco a tempo di tango. In un'esile trama sostanzialmente intimista, scopriamo una visione nuova, interessante e del tutto apocrifa di ciò che Tenco sarebbe potuto essere, in un altro tempo, in un altro luogo e un tributo a ciò che tutti noi pensiamo di lui, dopo che si è sparato per attirare la nostra attenzione.
No. Dopo il fatto che si è sparato ha attirato la nostra attenzione.
Cmq lo scritto non è male e i riarrangiamenti a tempo di tango dei pezzi sono gradevoli.
Provarlo

venerdì 2 maggio 2008

emigrazione

Non è che io impazzisca alla ricerca della novità, ovviamente benvenga, ma sono abbastanza elitario da sapere che, su questo fronte, la pazienza è d'obbligo. Non credo all'adagio che non c'è più niente all'altezza del passato. Ma a quello che in ogni epoca la merda sopravanza la roba bona 200 a 1 si.
Ovviamente questo, considerato che sono vorace, ha delle ricadute sulla struttura stessa della realtà.
Quindi quando l'ermi ha riportato, senza neanche accorgersene, la versione de l'espresso con il primo di tre del cofanetto antologico di Domenico Modugno ho pensato che potevo anche completarlo.
Ovviamente non mi metterò a fare il saccente su sta roba. Modugno è un po' un'icona, ma di un genere che non incontra, se non occasionalmente, il mio gusto.
Infatti alcune di quete canzoni mi fanno rabbrividire. Vuoi per il maschilismo di un'epoca, vuoi per l'orchestrazione sanremese (io del resto sono tra i pochi terrestri a non apprezzare il sempreverde volare).
Lo spaccato della società che ne viene fuori, però, è illuminante, a volte più di un film del neo-realismo. Certo "musetto" agghiaccia. Ma "io, mammeta e tu"? Inoltre è interessante la canzone dialettale. Noi siamo abituati a pensare alla riscoperta degli anni 70. Il resto è una nozione accessoria, appena teorica. A massimo abbiamo sentito "lu pisce spada".
Beh, questi sono testi.
C'è, cmq, un che di drammatico e duro in molte di queste canzoni, non la roba gne gne che siamo abituati ad ascoltare in radio e tv. Anche questa è, per lo più, una nozione. Ragione per ascoltare.
Senza arrivare ai livelli di "stasera pago io" magari.
Io, però, di Modugno da piccolo apprezzavo gli sceneggiati tv.
Cirano ho imparato ad amarlo nella sua versione. Poi ho saputo che era un personaggio letterario ispirato alle "vere" gesta di un tizio vero.
Ma, ovviamente, ciò che ha segnato la mia infanzia (come quella della Barbara, mi dice) è "Scaramouche", in una replica, visto che è del 65.
"L'avventura" era uno dei nostri pezzi preferiti (lo dicevo io ce dovevamo avere qualcosa in comune, io e te, babi).
Ovviamente adoro Malarazza (che in realtà è di Lorenzo Vigo, o almeno lo pubblicò) ma a cui Modugno aggiunse il ritornello "ti lamenti, ma che ti lamenti..." e in molti sappiamo che ci sono sue canzoni di impegno sociale, che parlano di emigrazione. "amara terra mia" la conoscono tutti. Ok, bella. Ma più sopra, più tardi, metto il testo di "non piangere Maria" (che ovviamente non ho trovato su yutube).
Essendo un nome diffuso in tutto il mediterraneo e in Europa, basta tradurre, in qualche lingua, e la canzone resta drammaticamente attuale. Basta cambiare una parola, una sola.
Alcuni testi erano piuttosto deflagranti. O almeno lo sembravano, dovrò leggere qualcosa sull'effetto che ha provocato "l'anniversario" ad esempio.
Alla fin fine un acquisto saggio. Non posso dire di aver scoperto qualche canzone che non conoscevo (e ci mancherebbe, in un'antologia dell'espresso sarebbe più facile trovare una moneta d'oro), ma di sicuro ho delle versioni di cose che è giusto avere.

mercoledì 30 aprile 2008

monoliti o poliliti?

Il fatto è che se vuoi scrivere letteratura di genere devi documentarti, studiare, rischi di specializzarti. Leggere è sempre il primo consiglio che si da agli scrittori. Per scrivere fantasy, come per l'horror, devi leggere un sacco di testi storici, mitologici (oddio, anche fantasy ma non è che sia indispensabile), antropologici. Per la fantascienza una buona conoscenza almeno dei principali testi di divulgazione scientifica, oltre che ancora antropologia e sociologia è, a mio avviso, il minimo. E così via. Altrimenti scrivi intimismo. Per di più in ambientazioni grottesche. Non dico che non vendi, Wilbur Smith dimostra che se ti dai quel target puoi mettere un protagonista alto e biondo anche nell'antico Egitto e vendere comunque milioni di copie.
Io però sono elitario, l'intimismo mi da sui nervi anche in ambientazioni realistiche e un errore di traduzione mi getta nello sconforto per una giornata intera. Figurarsi errori pacchiani nell'ambientazione.
Quindi questa lunga storia di John Costantine è per me una boccata d'aria.
Vi si affrontano argomenti vari, alcuni topos intramontabili del genere, il tutto calato in uno spaccato della situazione sociale dell'inghilterra del tramonto tatcheriano.
Bello, forse la storia di Costantine che più ho amato (anche se un pezzo del fandom ha criticato il tentativo di sfaccettare il personaggio, segno che i cojoni stanno ovunque. Sto ascoltando una ballata romantica di Sam Cooke inserita in un'antologia rockabilly, tanto per fare un esempio, ed un altro pezzo, cui purtroppo è stato dato più credito non ha digerito una svolta più magica e atmosfere meno urbane).
Cercherò di non farla lunga, tanto non devo raccontarvi la storia, al massimo inserire le tematiche.
Basti dire che Costantine in fuga si ritrova, più o meno casualmente in una comunità di neo-nomadi (dei tizi che sfuggono alla disoccupazione dilagante creando delle comunità viaggianti, fatto reale nell'Inghilterra di quegli anni, anche se ne ignoro le efettive dimenzioni) "I ragazzi si rendono conto che non devono restare intrappolati nei violenti campi di prigionia di cemento solo perché sono disoccupati". Ha bisogno di nascondersi, dato che la sua foto è uscita sui giornali* in degli articoli di classica costruzione del mostro rispetto agli omicidi a casa sua, quindi ben venga, almeno per l'estate.
Inizia una storia di comunità alternative, uso di svariate droghe (che sarà abbastanza costante, nelle storie del nostro), magia neo-pagana legata ai rinascenti culti della dea, monumenti monolitici (la dice lunga quando un paese racchiude i suoi più antichi luoghi sacri e bastona la gente che si raccoglie la in adorazione, no?) visti come una grande macchina che cerca di imbrigliare nelle linee di Ley le energie della terra, conflitto tra magia della terra e culto del dio solare, cospirazioni politico-massoniche e tecnologia magica a uso militare nella logica della guerra fredda.

Serve di più? Ok, c'è, perché il tutto è sviluppato in una trama complessa in cui si muovono molti interessanti personaggi.
Ed il ritorno di Zed. La ritroviamo come "sacerdotessa" in una comunità neo-pagana in Scozia.
Dimenticavo, squadroni della morte. Serve sempre ricordare che anche nelle democrazie occidentali ci sono le tracce che fanno sospettare il ricorso, di tanto in tanto, a squadre più o meno segrete, di polizia deviata.
Dimenticavo. Come già nella prima storia, ci sono un sacco di personaggi omosessuali. Un sacco di gente dalla sessualità libera. Un sacco di gente che usa liberamente una o pù droghe.
In soldoni sono storie che parlano d una società vera, come quella che viviamo tutti i giorni. Più vera di quella che rappresentano, non dico i vari moccia, ma anche la gente che scrive letteratura più che buona (del cinema non parlo, non credo di aver visto un film che da uno spaccato credibile della società girato dopo gli anni 60). Per lo meno, parla di una società credibili per come la vedo io, per quel settore che non riesce a chiudere gli occhi alla realtà e a credere che i reality show contengano elementi di verità. Potrei anche annoiarvi con una serie di citazioni, ma perché mai?

* il sun, in maniera chiara e dichiarata, ma anche altri solo citati.

martedì 29 aprile 2008

bombe

Mentre stavamo nella FGCI il clima culturale, in Europa, era interessante, rispetto ad ora.
Guerra fredda, pericolo nucleare, sovra-popolazione e disastro ambientale.
Adesso sembra quasi che quelle discussioni siano passate di moda. Quasi non fossero reali.
Il crollo dei sistemi del socialismo reale (ricordate questa definizione?) ha cambiato tutto questo. Ma non ha eliminato i problemi.
Passata una fase di conflitti di ridislocazione nello scacchiere globale (che nei giornali, ma anche nel dibattito superficiale sono stati definiti etnici, come se l'etnos fosse un oggetto reale e non una invenzione ideologica utile a fomentare o forse a descrivere i conflitti) si è ricostruito l'equilibrio grazie all'individuazione di un nuovo nemico. Niente di più facile che individuare un nemico. Il difficile è discutere.
Negli ultimi 15 anni c'è stata una crisi nucleare all'anno. Minimo. Alcune, come quella Iraniana, sembrano inventate a un osservatore esterno. Il fatto che sistematicamente l'ignoriamo è invece preoccupante, poiché la quantità di bombe è quasi invariata, comunque sufficiente a sterminare la specie più volte e tutti i trattati di non proliferazione sono praticamente inutili, poiché nessuno ne tiene conto. In più le potenze nucleari aumentano.
Di sovra-popolazione non si parla più. Bene che vada si parla di miseria, per dire che non ci stiamo mettendo le mani (cosa falsa, tra l'altro, la quasi totalità delle politiche globali la provoca attivamente, già come conseguenza teoricamente preventivata di cui tutti se ne fregano).
Del disastro ambientale, veramente, parlano tutti.
Ne parlano, veramente. Più che altro quando non fanno nulla, nei salotti, anche sui giornali.
Poi costruiscono inceneritori, l'alta velocità piena di gallerie, il mose, autostrade ovunque, un aeroporto ogni 50 kilometri. Centrali a carbone e centrali nucleari.
Poi paghiamo 63 euri al secondo perché non rispettiamo il protocollo di kyoto, non so quanto perché ce ne freghiamo del ciclo dei rifiuti.
Quando si tratta di 'ste cose l'Europa non sovradetermina più le nostre scelte. Questi soldi non incidono negativamente sul debito pubblico come le pensioni.
Vabbè, voleva essere un post su Costantine.
John sta scappando (ricordate? è l'unico sopravvissuto di casa sua. Nella realtà la sconfitta del nemico non porta direttamente alla fine dei sospetti) e nello scappare passa per il luogo di villeggiatura in cui andava da bambino. Lì hanno costruito una centrale nucleare, direttamente sulla spiaggia (quasi) vi ricorda qualcosa?
Si addormenta sulla spiaggia e un incidente alla centrale si trasforma in un incubo post atomico. La contraddizione, evidente a posteriori, nella trama viene completamente ignorata durante la lettura. Segno che è scritto almeno decentemente.
In quegli anni era un problema aperto. Ancora fresco.
A Chernobyl si muore ancora e da allora a qua ci sono stati altri 50 incidenti (ovviamente di tutt'altra entità). Ma il nucleare è sicuro, fidatevi di chi vi rassicura.
La storia è bella, tocca tematiche ed è un classico episodio di passaggio.
continua