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lunedì 28 luglio 2008

alti e bassi

Malgrado il periodo di merda (un congresso che più brutto è difficile, amicizie finite o quasi in uno sbuffo di merda e chi più ne ha più ne metta) qualche piccola soddisfazione tocca anche a me.
A fronte di 579 (non scherzo) chili di monnezza conferita in ricicleria mi sono beccato uno sconto di quasi un terzo della tariffa della monnezza.
Voi come state messi, invece, in questa improba lotta?

venerdì 25 luglio 2008

merda a palettate

Prima delle ennesime repliche di Dragonball c'è mediashopping. In questi giorni cercano di vendere una cosa del tipo "150 hits degli anni 80".
Cazzo, era tanto che nessuno mi ricordava fino a che punto gli anni 80 sono stati anni di merda.
Sfido io che come specie cerchiamo ancora di estinguerci.

giovedì 24 luglio 2008

gioioso e sincero

Era dai tempi del Lucifero di Rapisardi che non trovavo un'opera che avesse fino in fondo il mio atteggiamento con la religione. Insomma, magari fino in fondo no, ma...
Tanto per capirci, per citare la bibbia, quando Gesù sulla croce si rivolge al padre e gli dice "Cazzo, lo sapevo che me 'nculavi".
In verità, già Invisibles invertiva la classica contrapposizione buono cattivo mettendo nella parte del cattivo chiunque amasse la guerra, il dolore, la pena e il pentimento.
Ma Morrison è anarchico e quindi ne concludeva "Alla fin fine fate un po' quello che vi pare. Però vedete di tener ben presente che a me sta roba non piace e non ho alcuna intenzione di farla io".
Mo, il ciclo della materia oscura (c'è una sovrapposizione di significati in his dark materials che il traduttore o i redattori si sono ben guardati dal tenere in considerazione. Non che questo mi sorprenda) è stato accusato di essere terribilmente critico con la chiesa, mettendo un suo analogo in un altro mondo nella posizione del cattivo.
Come a dire che i cattivi del Signore degli Anelli so gli orchetti. *
Ovvio che l'impressione macroscopica è quella. Ma capiamoci. Non è la chiesa che ha preso il potere con la forza, creando un campo di concentramento di noia e tristezza, mantenendolo con la violenza più esagerata. Eliminando, per quanto possibile ogni voce di dissenso nel cosmo.
Ora, nulla mi toglie dalla testa che alla fin fine tutto si chiuderà con un colossale volemose bene magari condito da un bel po' di il re è buono, sono i suoi ministri che sono malvagi.
Però neanche nulla mi toglie dalla testa che la mela, proprio li, non ce l'ho messa io, ce l'ha messa un tizio che voleva essere obbedito a tutti i costi. Io, al posto suo, non solo non ce l'avrei messa ma avrei detto, magatela pure.
Vista la su posizione, non è che hanno messo in giro insulti o che so io.
In ogni caso un bel libro, anche scritto benino. Non che manchi di sentimenti, ma non c'è sbavatura di sentimentalismo. Anzi, è piuttosto duro, a scapito di personaggi anche simpatici.
Vorrei chiudere con un paio di citazioni, non perché non ho altro da dire, ma perché sennò la faccio davvero troppo lunga.
"...sempre intesi a sopprimere tutto quello che c'è di gioioso e di sincero nella vita." Ruta Skadi
"Non ci hanno dato nient'altro che menzogne, propaganda, crudeltà e inganni per tutte le migliaia di anni della storia umana." john parry.
Ecco, è questo. Al di la di tutto, siamo stati condizionati in una società costruita come un campo di rieducazione. E una delle discipline più dura che ci hanno messo dentro a forza, in maniera più o meno efficiente a seconda dei casi è: nessun piacere.
Sto libro lo dice. Ha anche altri pregi, ma questo mi pare più che sufficiente.

*
(Sia ben chiaro, gli orchetti so cattivi, maltrattati per generazioni fino a diventare cattivi, fino a conoscere la violenza e l'odio come uniche relazioni sociali. Però qualcuno che li manovra c'è. Non sarà tuta colpa loro.)

mercoledì 23 luglio 2008

Poi farò recensioni di libri, dischi film
ma intanto questo è "vangelo" come diceva il "duca".
e scusate il "francese"

venerdì 18 luglio 2008

il figlio del caduto

So' andato a vede' Hellboy, the golden army.
Sul titolo non faccio commenti, sapete già come la penso e quanto questo faccia guadagnar terreno alla parte elitaria della mia personalità.
È comunque positivo, a mio avviso, che in questo momento di una sola personalità si tratti.
Passiamo al film. Io trovo che Del Toro sia un buon regista, questo aiuta sempre. Aiuta soprattutto in quelle sottosezioni del film d'azione che sono il film di supereroi e il fantasy.
Visto che qui ci sono forti elementi di entrambi, poi, il rischio di tirar fuori una merdata era forte.
Invece il film, nel complesso, è buono.
Certamente il fatto che sia stato scritto da Del Toro e Mignola e non da qualcuno dei golden boy del film d'azione hollywoodiano contemporaneo (quasi tutti ex scrittori di fumetti e, tranne forse solo jeph loeb, più che mediocri) aiuta.
C'è dentro un sacco di roba, a volte, temo, del tutto accessoria per chi non ha letto il fumetto.
Soprattutto c'è dentro un sacco di esseri magici, stupendi.
Tocchiamo questo punto.
Quando si parla di creature magiche, soprattutto se parliamo di intere culture, così come quando andiamo a meter le mani sui miti, stiamo giocando con la struttura archetipica stessa della narrazione.
È per questo che spesso vengono fuori delle vaccate selvagge.
Eppure gli approcci sono riducibili a tre categorie e solo una assicura la vacata, e solo condizionata.
Sostanzialmente, riducendo la complessità per necessità d'analisi, le tre categorie sono:
1. puoi tenerti il più fedele possibile alle narrazioni che conosci, cercando di non modificare nulla. Questo, che a conti fatti costituisce il nocciolo duro del mio atteggiamento (ma appunto, se esci dalle semplificazioni categorizzatrici ti accorgi che il discorso è complesso, vanno bene per la trattazione generale, se scendi sulla singola opera danno solo una rete a maglie larghe, una gabbia. Questo discorso lo riprenderemo, prima o poi) ha il grosso svantaggio che o limita sensibilmente il tipo di storie che puoi scrivere, o rischia di produrre fratture nella coerenza narrativa.
2. Tieni ferma una sorta di struttura archetipica (o sovrarchetipica, se fosse possibile) in cui i richiami alla narrazione così come la conosciamo sono labili (ma non inesistenti) e i caratteri restano più o meno coerenti (che è quello che succede qui, ma anche, con altri risultati, nel Loki Marvel). Quando utilizzata, questa soluzione da i risultati migliori (non a caso costituisce comunque parte del mio metodo, anche se non determinante) il contrappasso è che non può che essere ben utilizzata, altrimenti scivola più o meno completamente nel terzo tipo. Inoltre è fortemente determinata dal periodo.
3. Te ne freghi e tieni elementi a caso riscrivendo tutto il resto come se si trattasse di storie e personaggi diversi ma con gli stessi nomi. In questo caso riesci a produrre cose decenti sono per coloro che non restano urtati da quel poco e quel molto che vedono assolutamente stravolto.
Il problema è che stiamo parlando di archetipi, è raro che siano assolutamente estranei a qualcuno.
Dicevamo, il grosso della narrazione fantastica è qui pregnata del secondo metodo. Capiamoci, la riscrittura è profonda e radicale, ma resta coerente. Noi tutti conosciamo più versioni dello stesso mito, spesso anche della stessa favola.
Scrivere qualcosa che resti nello stesso ambito è l'aspirazione di molti che lavorano su questa roba.
Hellboy, il fumetto, fa proprio questo, ma, in perfetto stile postmoderno, mescola i mondi narrativi.
Il primo film, che prendeva solo elementi dal fumetto, in realtà diventava più debole.
Qui ci troviamo a una completa rinarrazione di alcuni miti celtici, di cui conserviamo solo le tracce. Eppure quelle tracce possono tranquillamente essere parte della stessa narrazione, hanno senso.
In più le creature, tutte bellissime e tutte coerenti e le scenografie, non dirò impareggiabili ma certamente insuperabili. Perfette.
Qua e là ritrovo suggestioni da Neverwhere di Gaiman (se vi capita l'occasione vedetelo, tanto padroneggiate tutti l'inglese molto meglio di me) e da Mirrormask di Gaiman e McKean. Sarò io.
Le due cose che trovo assolutamente perfette sono il modo in cui muoiono gli elfi e il libraio.
Anche il gigante di pietra e la morte, comunque, sono stupendi. E la stanza di Abe.
E l'elementare vegetale. E l'impatto della società reale con i mostri, compresi i protagonisti.
Vabbè, non la faccio più lunga.

lunedì 14 luglio 2008

roccambolesco

Per i nostri standard non è che questo termine possa veramente applicarsi a questi due libri.
In realtà in tutto e per tutto si ha l'impressione che di uno solo si tratti, tanto poco è lo stacco tra il primo e il secondo.
Ma andiamo con ordine. Ho letto "il genio del male" e "la più bella di Parigi", i primi due libri della saga di Ponson du Terrail su Rocambole.
In realtà il personaggio da cui prende il nome la saga appare verso la fine del secondo libro, per rettificare un periodo di stanca della narrazione che fin li si era fondata sul predominio del meno idiota.
Sia ben chiaro, da un interessante spaccato della Francia degli anni 40 dell'ottocento. Per certi versi più credibile, poiché si concentra più sull'ambientazione che sui personaggi, di opere contemporanee di bel maggiore levatura.
No, veramente. E' credibile.
L'intera trama si regge sul fatto che più o meno tutti si fidano più di quello che dice un uomo dai modi affabili e furbeschi che di quello che vedono davanti ai loro occhi.
In un primo momento mi sono anche incazzato, un po' infastidito dalla esilità della trama. Poi ho fatto mente locale. Un po' di zapping in tv, un salto al bar. Pensandoci bene è incredibilmente realistica.
Per lo meno, io lo vedo accadere di continuo.
Uno ti rapisce, inganna, racconta palle?
Tu gli credi.
Uno ti dice che il pericolo non sono i suoi amici mafiosi ma gli zingari? Tu gli credi.
Funziona. E' credibile. Nulla da obiettare.
Ovviamente se uno dei personaggi (tranne i padroni, è ovvio) avesse la più banale coscienza di classe, tutto cio non reggerebbe. Ma è proprio sulla divisione delle classi che si fonda tutta la trama. Gli uomini di pregio sono affidabili per definizione. Le donne di pregio caste e pure per natura. Sic est.
Tant'è che i protagonisti, i buoni, sono tre coppie. Due sono nobili. Due carciofi inenarrabili, ma tanto che gli frega, sono persone di pregio. Da omaggiare e arricchire per dovere sociale. Due borghesi (ma lei è segretamente figlia di un nobile. Matrimonio di elevazione sociale per lui). E due operai. Pulizia e dedizione al lavoro, altro non gli è dato.
Tutti contentissimi della loro posizione. E sti cazzi, i nobili li capisco. Ma i du operai so veramente dei fessi indegni. Purtroppo nella moria di ladri, servitori e lacché (in effetti non un soldo di danno, a pensarci bene. Manco per il lacché simpatico del visconte. I servi toccherebbe ammazzalli tutti) loro sopravvivono. Non si può avere tutto.
Insomma, peccato che questa è tutta gente da sparargli alla nuca, perché una storia non è che si regge su tizie tizie del genere.
A dir la verità, in un passaggio, quello in cui Armand (il visconte) entra in possesso della propria eredità (anche sto pippone sarebbe veramente lungo da narrare, vero feuilleton) e nel rapporto col lacché c'è un bel po' del nucleo del personaggio Bruce Wayne, che vedrà la vita quasi ottanta anni dopo. La differenza è che Wayne è dotato di un cervello funzionante. Stò tizio, invece, con un intero esercito di sbirri, si fa infinocchiare da tre o quattro mezzeseghe. Proprio vero che se non capisci un cazzo il tuo lavoro è lo sbirro.
Anche il genio del male, il fratellastro Andrea (e chi, sennò) è un'altra mezzasega. Solo, un po' meno cojone della media. Chiaro che li in mezzo ci sguazza. Ma appena arriva uno che non è del tutto ciula il suo intero piano si sgretola.
Gli unici due personaggi degni di nota sono la concubina Louise (detta Baccarat. Sorella dell'operaia idiota) che ogni due per tre ricorda un fesso che s'è sparato perché non glie la dava (ogni volta uno diverso) e che appena si rende conto che non è trattata alla pari e si sveglia smonta il piano "abilmente" congegnato di Andrea e appunto, quando arriva, Rocambole. Spaccone, cinico, interessato al guadagno e con un cervello funzionante.
Poi cambierà, diverrà un po' più buono, mi dicono.
Ma ok, dopo tanti tentativi finalemnte trovano il personaggio. Tanto buono da entrare nel linguaggio e modificarlo. Dopo di lui sentendo Rocambole uno non pensa più a un tipo d'aglio spagnolo meno piccante. Pensa a storie d'azione rutilanti. Rocambolesche, appunto.
Quindi, malgrado il fatto che ogni tanto mi so incazzato e che provo un profondo disprezzo, sia di classe che perché sono idioti, per gran parte dei personaggi, la trovo una lettura interessante.

martedì 8 luglio 2008

È morto Michael Turner

Notizia riportata sul New York Times, che mi ha comunicato Laura.


domenica 6 luglio 2008

supereroi

Ho letto 'sto libro (Il mondo dei supereroi: il passaggio) quasi per dovere. Scritto da un noto scrittore di mondi altrui su un'idea di Stan Lee. Piccoletto (a conti fatti) era imperdibile.
Dunque, partiamo dai difetti.
Non finisce.
È sempre più usuale, in questi casi, lasciare la narrazione completamente aperta.
Qui, però, poteva tranquillamente fermarsi alla fine di uno qualsiasi dei capitoli e non avremmo notato la differenza. Al limite, ma certo che non è un cliffhanger rilevante, possiamo dire che il protagonista (l'alterego narrativo di stan) alla fine di questa storia inizia a sospettare di aver fatto una cazzata. Non è che sia una novità che le storie non finiscano, sia ben chiaro, ma anche i casi peggiori che avevo trovato fino ad ora (che poi sarebbero i romanzi di rocambole che sto leggendo in questi giorni) avevano dei punti di cesura più significativi.
Veniamo alle cose buone.
I personaggi, soprattutto per chi conosce i riferimenti reali, sono sfaccettati quel tanto che basta e gustosi (certo, Lee doveva odiarlo davvero Frank Miller).
La storia regge quasi completamente e lascia la voglia di continuare (adesso dovrò scoprire come).
Un'ultima cosa. Il personaggio cardine della storia (che fin qui non ha svolto ruoli significativi come personaggio, poteva essere tranquillamente un oggetto oppure una macchina) è molto simile ad Access. Chissà dove è spuntata per prima questa idea?

giovedì 3 luglio 2008

killeri anche oggi

sta a diventà 'nabitudine.
In ogni caso, ier sera mi son sentito rimproverare la mia pretesa di sapere tutto. Ok, questo è un periodo in cui essere ignoranti come una capra è un vanto. Io continuo, comunque, a pensare che sapere tutto è un compito degno di essere perseguito e del tutto alla mia portata.
Certo non è facile, ma avessi voluto la vita facile me ne sarei restato acquattato bel bello dentro la fgci, magari a sto punto starei a contende il posto da sindeco a alfio, oppure un posto da valletto o leccaculo me lo trovavano. Cazzo, erano riusciti a sistemare anche perrotta.
Però io continuo a pensare che tra un posto da leccaculo e cercare di sapere tutto il secondo è più alla mia portata, che volete, a me mi sa di prete pure Stirner.
Direte, che c'entra?
Beh, Mark Millar, il tizio che ha scritto il fumetto da cui è stato tratto Wanted, è uno che col fumetto di supereroi e con le strutture portanti del genere ci sa andare alla grande.
Sarà perché non è che si è dovuto fare le ossa competendo con mezzetacche come Lobdel (tanto per citare il migliore della sua generazione tra gli statunitensi) ma su 2000ad, tenendo il passo con Morrison, Mills, Milligan, Ellis, possedendo, lasciatemelo dire, meno capacità di partenza.
E infatti sa come si scrive e sa che cosa scrive. Ora, il film è completamente diverso dal fumetto, ciò non toglie che un paio di strutture portanti reggono. Intanto la parola d'ordine su cui si regge gran parte della letteratura eroica occidentale. Che non è, come alcuni sembrano credere: "quanto sarebbe bello essere un tizio che vola in calzamaglia invece che un patetico contabile" ma "Chi ha il controllo della tua vita?", perché, diciamocelo, chi vorrebbe essere Shocker o il Costrittore (o se è per questo anche Capitan Ultra)?
Per il resto è semplicemente un film d'azione piuttosto ben fatto, ma con una morale abbastanza discutibile, niente in confronto al fumetto.