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giovedì 30 luglio 2009

la ignis

intanto questa, poi, se mi riesce, scrivo anche qualcosa

mercoledì 29 luglio 2009

sparare ai re e ai tiranni

Buongiorno

Oggi si celebra(va) la corretta ricetta per la tirannia.


Ho riascoltato i Doors (toh, beccateve sti du o tre pezzi, anche su feisbuk).

È curioso come sto gruppo, a conti fatti anche bistrattato, almeno da certa critica, ha detto la sua sul dibattito tra musica colta e musica popolare. Un giudizio gordiano, verrebbe da dire.

Ma passamo ad altro. Oesterheld, oltre ad essere stato uno dei maggiori scrittori di fumetti sud-americani (ma sull'esistenza di una scuola sud-americana ci sarebbe da discutere) è morto, adesso lo sappiamo, o almeno lo possiamo ipotizzare, probabilmente gettato vivo dalla stiva di un aereo (è sempre utile ricordare con chi si ha a che fare), svanito nel nulla assieme alle 4 figlie (ma non assieme, lo sterminio mirato è stato uno stillicidio continuo) grazie alla dittatura argentina.

C'è chi si fregia ancor oggi delle amicizie che vanta in quella ghenga sanguinaria. Dovrebbe farci riflettere.

Prima di cadere vittima della barbarie, ha scritto varia roba, tra cui una delle opere centrali del fumetto mondiale, di quelle che anche negli abissi più profondi dell'ignoranza hanno per lo meno sentito nominare, che poi sarebbe l'Eternauta, da molti ritenuto metafora lucida dell'insorgenza della dittatura nella società argentina (fatto sta che i giudizi a posteriori so boni tutti a darli. Me chiedo dove stavano a gurdà prima e durante. Questa è quella che ritengo una domanda succosa).

Parlare quindi di una delle opere a conti fatti minori (se esistono opere minori per gente come lui), ristampata un tre anni fa nei fumetti de Repubblica, non è cosa facile.

Molto è stato detto di un autore che non può più difendersi da oltre trent'anni.

Cominciamo quindi con un luogo comune.

Mort Cinder è la metafora della lotta contro l'oppressione e l'ingiustizia, tanto quanto alcune delle maggiori icone del fumetto anglo-americano, con il sovraccarico del destino dell'autore e la sua dichiarata ostilità contro l'autorità.

E qui cominciamo, perché le grosse icone della lotta contro l'ingiustizia e l'oppressione, soprattutto quelle americane, sono per lo più icone governiste, grandi baluardi dello status quo piccolo borghese e che per lo più si battono contro l'oppressione e l'ingiustizia fuori dai confini nazionali. Dentro i confini solo spie e ladri di polli. Cecità selettiva, un classico.

Beh, Mort Cinder non è così.

Secondo distinguo, quello interno. A conti fatti, tolta la prima storia, quella con l'arco narrativo più esteso, queste sono storielle del tipo “l'immortale racconta le sue esperienze”.

Interessanti, capiamoci, ma non necessariamente il massimo dell'impegno politico. A meno che la tesi implicita non sia: noi tutti ci faremmo tranquillamente le nostre tranquille vite, è l'ingiustizia che ci marca stretto costringendoci alla ribellione. È una reazione vitale, come cercare l'aria quando si spunta da una lunga apnea.

Ma implicita. Lo so anche io che la schiavitù presso i popoli antichi era un'ingiustizia terribile, una barbarie colossale eppure noi celebriamo la gran civiltà dei padroni.

Il problema è che se vo da un padrone de merda che magari sottopaga 50 cinesi rinchiusi in uno scantinato con una latta de pomodori come cesso lo sa anche lui che la schiavitù presso i popoli antichi eccecc.

In pratica belle storie e intense, ma la fama che sto personaggio se porta dietro è così fondata? Non credo, non sarebbe sufficiente.

Terzo distinguo. Noi cresciuti leggendo per lo più fumetti dei due grandi macroversi americani prestiamo un'attenzione alla coerenza narrativa che forse non è comune. Non lo so.

Del resto la fede nella coerenza narrativa è per lo più infondata anche nei macroversi, dove spesso arriva uno che è bravissimo a scrive un po' quel che je pare.

Che so, stravolge l'Uomo Ragno che sembra Devil, riscrive n'altra volta la morte de Elektra para para. Cose così (La prima morte de Elektra, tanto per capisse e non approfondisco che sennò vengon fori 200 pagine.)

Ma cazzo, non facevi prima a scrive Devil?

E se ce volevi riscaldà na storia già vista, non poteva almeno esse una storia tua?

Ma è già molto che ho capito che ste cose nella cosiddetta scuola sud-americana (per non parlare il fumetto d'autore europeo) non hanno cittadinanza. Almeno quando si parla di fantascienza.

Sto tizio, na volta pare che more e risorge, un'altra volta viaggia nel tempo, un'altra volta pare che se ricorda le varie incarnazioni. Boh. Tutta sta roba, anche con anni di esperienza nell'arrampicata sui vetri, me riesce difficile farla stare assieme.

Comunque queste lunghe digressioni poco hanno a che fare con il centro della nostra dissertazione.

Parto, quindi, prima di affrontare il nocciolo della faccenda, per l'ultima tangente.

Alberto Breccia è uno dei più grandi disegnatori che la storia ricordi.

E queste tavole sono così magistrali che passerei ore ed ore a rimirarle (e anche qualche mezz'ora ogni tanto a ringraziare di vivere nell'epoca della riproducibilità tecnica dell'opera d'arte).

Se mai mi fo uno studio voglio ingrandirmene una su una parete.

Quindi che aggiungere? Magari un esempio di queste illustrazioni, posto che la rete me lo permetta (buffo, oramai parlamo tranquillamente dei limiti della rete come 5 anni fa parlavamo dei limiti della rete in Cina. Buffa la capacità d'adattamento della gente)

Ma venimo al sodo. La fama di un personaggio.

È abbastanza evidente che le storie successive sono le svogliate serializzazioni di un autore più che buono con un personaggio che, funzionando, è richiesto.

Ma di fronte alla prima storia (tecnicamente la seconda, la prima è la storia a solo della voce narrante) è evidente che sono svogliate.

Il tizio che torna sistematicamente dalla morte per combattere il cattivo di turno, che si sta impadronendo della volontà delle persona per costruire una società in cui una sola mente muove molti corpi per il bene collettivo del capo è una metafora potente, non mascherata, di quelle che possono uccidere.

E neanche dire che la metafora solare sia inconscia, troppo chiaramente usata, troppo assenti le sbavature per dubitarne.

C'è una volontà potente dietro questa storia. Un'intenzione ben meditata.

Tutt'altra storia e che vale da sola l'intero volume.

Il resto si legge con piacere, è ben sopra alla media, ma è mestiere. Bisogna pur mangiare.

Chiudo con Leadbelly, tanto per sovraccaricare.

sabato 25 luglio 2009

arcumincio

È la partenza che costituisce un problema in se. Non scrivere il blog, ma scrivere.
È un'attività che negli ultimi mesi ho praticamente abbandonato.
Ma visto che considero la scrittura parte di me, di ciò che mi definisce e mi da gioia, non è un'assenza indolore.
Eppure ripartire costituisce un problema, l'occhio rumoroso sempre acceso è un muro al pensiero.
Gli analisti più lucidi l'avevano capito alla perfezione già nel '48.
2 pagine ogni 10 giorni non è scrivere.
Io sono di quelli artigiani, scrivere è sudare sulla pagina ore ed ore al giorno con misurata regolarità.
Non parlerò dei fattori che disturbano, già faccio post lunghi. Questo diverrebbe sconfinato.
Basti dire che su questo c'è un rapporto narrativo dialettico frà Shining e La ricerca del tempo perduto.
Molto della vita disturba la narrazione, che non è descrizione del mondo, ma costruzione di senso e quindi, in più di un modo, costruzione del reale.
C'era un pezzo de Travaglio su un vecchio Linus che parlava dell'enorme capacità de Mauro Mazza in questo campo, che ha costituito la ragione centrale della sua carriera. Costruire la realtà.
Travaglio è un liberale (ma sul serio, non come quelli del PD) e quindi io e lui non semo mai d'accordo, ma conosce bene il giornalismo. Su questo argomento è un maestro. Sa de che parla.
A proposito de vecchi Linus, ma non vecchissimi (2006) sto a legge gli ultimi tre anni, che ero rimasto indietro.
Dico subito che salto, per lo più, i redazionali e gli articoli.
Già il mio interesse per il dibattito interno del PD è nullo (tutto quel che mi interessava della decomposizione è stato soddisfatto da "Lo zoo di Venere") meno ancora per quello dei DS di allora.
In più fa rabbia legge roba scritta con estrema saccenza e che si dimostrava fallimentare già nel tempo di stampa.
Io non ho niente contro le Cassandre. La ragione è che Cassandra ce cojeva. Eron j'altri che co le loro analisi semplici stendevon un velo de cazzate sulla percezione esatta de la realtà.
Quindi salto sta roba , che tanto appare come la narrazione miope di una realtà alternativa. Una proiezione del futuro col fiato così corto che non regge la cronaca.
Restano i fumetti.
Vignette e strisce, alcune belle altre un po' meno. Qualcuna che me piace, altre poco. Non sarò né completo né esaustivo, per fortuna.
Maramotti me piace, non è che sia un fine analista nella realtà, ma il tratto è buono e la battuta è sempre ben compresa nella pagina. E per lo più sconta la piccola borghesia imperante in sta società che slitta ogni giorno più puntualmente a destra.
Fra un po' gli striscioni fuori dai campi di concentramento contesteranno il colore della rete che mal si sposa col circondario, non l'immonda reclusione di esseri umani.
Resta il fatto che quando sfugge al triste condizionamento del quotidiano è un grande.
Tra le poche cose scritte che non salto, almeno quando parla del triste mercimonio che in italia è il mestiere del giornalismo, c'è Travaglio.
Almeno è uno che per lo più regge oltre le 10 righe. Sarà che è capace di fare qualcosa più che affermazioni apodittiche. Je fo, però, un appunto. Non commenterei i peggiori passaggi contemporanei con espressioni tipo "scene da prima repubblica". Intanto "prima repubblica" non vol di niente. Avremo anche cambiato qualche volta la legge elettorale e anche qualche passo della Costituzione. Ma per definire una cosa "prima repubblica" ce ne vorrebbe una seconda. Non lo so se non siamo più nella prima, a me non pare, ma di certo non siamo nella seconda. Inoltre la maggior parte delle cose così commentate nella cosiddetta "prima repubblica" non se sarebbero viste. C'aveva altri difetti.
Scene da basso impero, come più giustamente anche Travaglio usa.
Solo che noi aspettiamo il provvidenziale 18 brumaio. Siamo un paese avventista che aspetta che il nuovo autocrate scacci il vecchio autocrate e chi s'è visto s'è visto.
Che volete, avecce delle opinioni è fatica e poi chi lo sa se non fai torto a qualcuno?
Peanuts non dovrei nemmeno nominarli. Scuadra che vince non si tocca. Siamo a quanto? La centesima ristampa? Ma la rivista se chiama Linus ed è come se avessimo bisogno della provvidenziale coperta.
In realtà non so voi, io c'ho caldo.
Minimale come le vite che ci si vol fa vive. Ma almeno a parlà so bambini, è normale che le loro vite sien semplificate.
Non ce se chiede de identificasse.
Oggi, mentre stavo a fa le linguine co la zucca, però, la solita domanda "ma che cazzo c'entra il grande cocomero?"
Forse, più semplicemente, era un taglio sbagliato.
BSE, Dolly, Aviaria. Qui c'è poco da dire. Assurdo, sensa senso, non fa ride e non parla de nulla. Tre personaggi che so battute sugli scandali biologici del periodo che fanno commenti insulsi su se stessi. Segno che qualsiasi argomento, per quanto complesso, può essere un buon pretesto per parlare di nulla.
Un po' come guardare Zelig, tanto per capirci.
Marassi è buono. Come ogni vignettista deve misurarsi col fatto che non si può sempre essere al'altezza del tema del momento, ma non è mai stupido, il che, per la tradizione vignettistica italiana, non è scontato per nulla.
Pupilla, con qualche gradevole eccezione, me pare de un qualunquismo disarmante.
Doonesbury. Ho smesso de comprà quasi tutto, de fumetti, un po' per i soldi, un po' per lo spazio. Continuo a sborzà il prezzo de sta rivista sostanzialmente per sta striscia.
Non è la sola. Ma potrei leggermele live su internet senza attendere la traduzione qui dentro. Il fetisc ce l'ho solo con questa.
È stupenda.
Parte dai personaggi e dalle loro vite e con quelli affronta la storia. Esagero? Vabbé, la cronaca di un paese.
Linus è l'eterno bambino, dopo 70 anni ancora bambino.
Questi crescono e, attenti, prima o poi accadrà, muoiono. È sempre più facile essere prolissi con le critiche, piuttosto che con le lodi.
Dilbert. Bella dura. C'è poco altro da dire. Appunto, nient'altro. Le strisce aziendali o sono dure o sono gag davanti alla macchina del caffè.
Un Bertoncelli a sparare cazzate. Gira che ti rigira resta uno dei pochi che quando scrive de musica, in Italia, se riesce a legge. Il che, di per se, non è un complimento.
Get Fuzzy. Uno sfigato, un cane stupido e un gatto opportunista chiusi nel loro microverso quotidiano. A volte divertente, raramente noioso, senza nulla cedere alla creatività, beninteso.
The Boondocks. L'altra sola striscia che leggo con estremo piacere. Punto.
Monty. Quasi fastidioso sulla china dello sfigato. Eppure ci sono delle punte davero geniali qua dentro, soprattutto quando emerge uno sguardo di sfuggita sul dolore dei comprimari.
Stupendi l'alieno, il gatto ecc.
Magnifiche le satire lucidissime sulle campagne "pubblicità progresso". Luci ed ombre, insomma.
Cento demoni. Piena di disperazione e fin troppo intimistico per i miei gusti, però, nel complesso, bella.
Inutile negaselo, come diceva Nice, sguazza sguazza è sempre e comunque na pescolla. Ma anche 'nto na pescolla c'è chi va più a fondo e chi meno. Lei va a fondo e senza retorica frignona.
Come conigli. Sesso. Rolf Konieg me piace proprio per i suoi eccessi. La società piccolo borghese flaccida e repressa e il suo rapporto con il sesso.
Fine?
Per ora!