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domenica 24 giugno 2018

riniziamo 14

Che fosse la volta buona. Intanto buona parte del tempo che volevo dedicare al Blog se ne è andato per aggiustare i link e le liste. Per il momento basta. Se qualcosa non funziona spero me lo comunicherete voi.
Intanto aggiornando ho notato di avere un mucchio enorme di libri non finiti. Lo sapevo, ma riuscivo ad ignorarne la consistenza. Dovrò porvi rimedio, se non altro iniziandone non più di uno ogni due finiti.
Il post però mi era sollecitato dal fatto che Facebook è troppo distrattivo e altrettanto poco adatto a un discorso articolato, almeno per me.
Non che questo sarà un discorso articolato. So già le 14.45, c'ho da gioca', c'ho da passa' l'aspirapolvere, c'ho da fa anche la mi doccia mensile, sulla quale so in ritardo. Insomma è la vita che è distrattiva.
È più che altro un breve appunto rispetto al quale spero, in futuro, di sviluppare qualcosa di sensato.
Proletari di tutto il mondo unitevi.
Uno slogan vecchio. Essenziale e quanto mai attuale.
Attuale secondo almeno tre direttrici. La globalizzazione. Il razzismo imperante. La frammentazione delle cosiddette sinistre.
Cominciamo co la globalizzazione. C'è chi l'ha scoperta adesso. Non dico studenti universitari ventenni che si affacciano adesso a una cultura vagamente complessa, loro almeno qualche scusa ce l'hanno. Non gli va lasciata, ma l'avrebbero.
Dico cascatori dal pero professionisti.
Basterebbe leggere, non dico Marx, autore quanto mai fuori moda in italietta, tanto quanto mai così di moda nel resto del mondo. Più studiato che durante i gloriosi fasti dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Consiliari (perché poi quest'ultima parola non sia mai stata tradotta ma neologizzata non l'ho mai capito, sarà il solito provincialismo italiota). Basterebbe leggere, dicevo prima di partire per una tangente, uno qualsiasi degli autori che Marx utilizza per compilare il suo Capitale per capire che la globalizzazione non è una novità. La globalizzazione è il capitalismo. Può raffinarsi, cambiar pelle, allargare i suoi confini ma crisi distruttiva e rinascita è il modo in cui funziona il capitalismo (o la globalizzazione. È la stessa cosa, dicevamo) ed è inutile farsi distrarre dal fenomeno tralasciando l'essenza.
E proletari di tutto il mondo unitevi non era un inno al volemose bene (al buonismo, come se direbbe adesso, con un classico neologismo de destra) ma uno slogan che prendeva atto che la classe padronale, i capitalisti, erano uniti. Al di la degli scazzi connessi alla natura stessa del sistema essi erano uniti e si univano ogni volta che il loro interesse di classe veniva messo in discussione ed erano uniti nel fomentare la divisione nelle classi avversarie. Nella classe avversaria, verrebbe da precisare, visto che quel poco che è rimasto di aristocrazia a livello globale è stato sussunto e pienamente inglobato. Uniti lo sono ancora adesso e l'unico modo per combatterli, condizione necessaria se non sufficiente, è unire la classe. Proletaria? Non possediamo più solo la prole, me se dice. Operaia? Operaio ormai non è più inteso come prestatore d'opera ma come operaio di fabbrica, se non de catena, quindi il termine me diventa divisivo. Non starò a questionare. Se facciamo caso al vero significato delle parole vanno ancora benissimo entrambe. Al valorizzatore del capitale, tanto per capirsi. A quello senza la cui opera il capitale non aumenta, anzi deperisce. E che di questo valore prodotto viene deprivato.
Senza quella unità non possiamo combattere e quindi noi che famo? Qui vengo al secondo punto e cercherò di farla più corta. Ce unimo e combattemo per riappropiarci del nostro che ci viene sottratto, direte voi.
Ma do vivete? Ve risponno.
Damo dietro al primo cagnolino del capitale pagato per dividerci, mettendoci l'uno contro l'altro per una serie notevolmente lunga di ragioni assolutamente inventate come razza, nazione, religione. Inventate, attenzione.
La scienza ci dice che la razza non esiste, per lo meno non esistono razze umane. Interscambio e migrazione so troppo frenetici perché si isoli anche una sola popolazione per un periodo sufficiente a generare una distinzione significativa.
Le nazioni so righe arbitrarie scritte su una mappa, tra l'altro mai esistite prima del tardo ottocento. La fede è del tutto non oggettiva e la religione è un sistema per aggregare interessi di potere sfruttando un bisogno interiore delle persone (anche questo non vel dico io, vel dice un fervente cristiano come Jung).
Ma visto che è più comodo dar dietro a soluzioni inventate da uno che ve dice che c'ha la risposta invece che lottare per la propria dignità (si, lo so che la verità fa male, fa male a tutti, mica solo a voi)
preferite esse razzisti e da dietro a Salvini o addirittura a Grillo che lo dichiara pubblicamente che lo fa solo per prende voti, che unirvi ai vostri compagni e fratelli migranti, lavoratori, componenti della vostra classe, per riprendervi quello che è vostro e vi è stato strappato con la forza dello stato e con l'inganno del razzismo. Poi capimose, la colpa mica è solo degli immigrati. C'è l'Europa che vuole toglierci la nostra sovranità (come se il proletariato avesse una nazione da perdere. Il proletariato non ha nazione, i cani rossobruni si, cagnolini, sia chiaro, non veri cani da guardia. Ma io so de quelli che non li amano i cani, so vigliacchi, te leccano davanti e te moscono alle spalle, so ladri, appena giri gli occhi sparisce quello che non volevi dargli, insomma la metafora dei cani funziona? Non lo so, i fasci, e i rossobruni in particolare, so così). E poi mica sete solo voi. Io per esempio non riesco a digerì che la Viola Garofalo me ha pugnalato alle spalle dando indicazione de annulla' tutte le schede in cui non c'era potere al popolo, quindi anche quelle in cui c'erano componenti di potere al popolo ma con un simbolo diverso. Bella stronza, direte voi. Però io che so dell'idea che lo sforzo unitario del proletariato viene prima de tutto dovrei esse il primo a trovare la quadra. Non che dell'unità del proletariato freghi qualcosa a USB, Eurostop ed altri componenti de potere al popolo, sia chiaro. Non più de quanto freghi a Rizzo, a Leu o a chiunque altro chiamamo de sinistra o comunista e che passa il 90% del suo tempo a pensare a come dividersi su le cazzate. Che so, su qual'è il fascismo dell'est al quale allineasse, se quello russo o quello ucraino, tanto per fare un esempio. Come se al proletariato je ne venisse qualcosa su quale cane del capitale vince lo scontro nazionalista fra fascismi. (Il dombas è questione diversa, ma le tangenti di sto discorso so ormai troppe e su quella non me avventuro).
Torno alla questione attuale di divisione della classe, quella per razza e nazione. Dovremmo riflettere che ci è più fratello e spesso compagno il migrante a 2 euro al giorno che scappa dalla guerra e dalla fame e che viene sfruttato da chiunque, non ultimo Salvini che lo sfrutta per tenerci divisi, che il padrone bianco, del nostro stesso quartiere, magari pure lontano parente o qualsiasi suo cane da guardia o da riporto (non prendetela con me, la metafora del cane è perfetta proprio per lo sfruttamento che ha fatto del cane l'animale servile per antonomasia). Ma noi no, noi famo branco. E quindi facciamo l'interesse del padrone e dei suoi sodali contro il nostro e quello dei nostri fratelli e restiamo divisi. Ne facciamo quasi un vanto. È la nostra individualità, quasi che non si possa essere individui e liberi allo stesso tempo, si perché oltre tutto il razzismo non è un'opinion, è una catena al collo. Ci rende prigionieri.
E me sto a perde, visto che la listina iniziale era utile? La frammentazione delle sinistre. Credo che ho già detto parecchio anche su quello. Se non impariamo a lavorare assieme senza farci lo sgambetto l'uno con l'altro con l'idea che l'egemonia sia la cancellazione dell'altro invece che la capacità argomentativa di convincere l'altro della giustezza della propria posizione non siamo inutili. Siamo altri cagnolini da guardia del capitale. E con questo vi lascio, che l'aspirapolvere me aspetta fin da troppo tempo. Anche rileggersi il dibattito originale sul centralismo democratico sarebbe utile per sapere come stare insieme in maniera costruttiva e su come i concetti si trasformano nel loro contrario, con lo scoreere del tempo.