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domenica 28 giugno 2020

la casa dalle finestre nere - Clifford D. Simak

L'ho preso alla festa nazionale dell'unità di Ferrara.
Appena arrivati ci siamo precipitati al ristorante ungherese, allo stand ho fatto l'abbonamento alla rivista RDT, per tre anni, più due spillette da bavero della giacca, Marx e Lenin, come ogni dirigente che rispetta la lettera ma non il senso del discorso di Di Vittorio sull'abbigliamento dovrebbe avere.
Il 70% di quella rivista è rimasta nelle mani di un mio amico che l'ha usata per la tesi.
Come, ad esempio, il manuale di Brelich e buona parte dei libri di filosofia del linguaggio nelle mani di un'altra, anzi, del tipo a cui li ha prestati.
So esempi. Va bene così. Allora girava il cartaceo e si fermava dove si fermava oppure non si fermava e continuava a girare. Va bene così, tranne per il manuale di Brelich che non avevo quando poi mi è servito di nuovo e di uno dei libri di FdL che non era mio e non avrei dovuto prestare.
Ma ho divagato, anche troppo.
L'ho preso alla Festa dell'Unità, dicevo, e da allora l'ho riletto svariate volte perché, pur non essendo il primo libro di Simak che ho letto, e pur amando gli altri, questo ha segnato il mio legame con l'autore più di ogni altro (tranne forse "mondi senza fine" ma è un forse molto labile).
Nell'introduzione si rimarca spesso che Simak non esagera con lo straordinario, in un libro in cui lo straordinario è la norma vien da chiedersi perché.
In realtà questa è la storia dei tre giorni in cui la vita di un lumpen che si è apparentemente lasciato vivere nella routine di ogni giorno cambia radicalmente.
Nel libro scopri che ha un piano, molta più intelligenza e umanità di quanto puoi immaginare (e forse aspirare), un'etica complessa che cerca di tenere assieme molte fedeltà e l'enorme tristezza che solo l'umanità vera può conoscere, se non sprofonda nell'abisso dell'ignavia.
Così diverso da l'unico e la sua proprietà quanto l'individuo con responsabilità sociale possa essere.
Lontano di un mondo e di molto tempo dall'america trumpiana che conosciamo oggi, che sarebbe stata molto meglio ne il mondo che jones creò (di altro autore)
Fantascienza, insomma.

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