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mercoledì 26 marzo 2008

Terje Rypdal

Come questo chitarrista norvegese sia capitato fra i miei dischi è del tutto inspiegabile.
Probabilmente era in qualche lista d'ascolto casuale (adoro i generatori di liste randomizzate).
Di certo ha pesato lo sciovinismo che muove la mia ricerca se non i miei gusti (mi rifiuto di ascoltare solo artisti anglofoni).
In ogni caso una scelta azzeccata anche se questo bleak house, del 68, risente forse un po' troppo dell'inesperienza, di troppe influenze rock poco mediate e di una sostanziale dipendenza dalla musica anglosassone.
Comunque un bell'album, che merita un ascolto o due, prima di essere giudicato (se siete di quelli che giudicano).

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