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lunedì 17 marzo 2008

uomini vuoti

Boh, sarà che io non ho capito qualcosa, ma il titolo di 'sto romanzo, al di la che è un riferimento ai versi che si trovano verso la fine, attribuiti forse a Yeats, e che sono un po' la sintesi delle deduzioni del personaggio sulla struttura dell'universo, a me sembra sostanzialmente gratuito.
Ora, io Dan Simmons lo apprezzo. È già da tempo un autore che affronto senza patemi, quando ho bisogno di leggere qualcosa che so già in partenza che non mi deluderà.
Ha iniziato con l'horror. Il suo primo romanzo, che strizzava fin troppo l'occhio al romanzo d'avventura esotica del tardo ottocento (il tizio è un autore abile e colto), mi aveva in un primo momento molto infastidito.
In realtà era adorabile (soprattutto perché invece che far inseguire i personaggi per tutto il tempo da un simil super-villain che fuori contesto sarebbe un clown inserisce i personaggi in un'atmosfera che è orrorifica di per se. I suoi personaggi sono spesso prof universitari. Ora, piate uno di questi, del più profondo midwest e sbattetelo a Calcutta.).
La saga di Hyperion è uno dei più lucidi affreschi di un lontano futuro che ho letto, oltre che dei più complessi.
Ma andiamo per ordine. Questa è (dovrei dire era, ma il libro l'ho finito un paio di giorni fa) la settimana delle teorie probabilistiche dell'universo.
Prima il video di Guzzanti, ora sto libro.
Visto che io teorizzo la sincronicità non posso che goderne.
Da piccolo (ma neanche tanto) volevo fare l'astrofisico. Poi mi accorsi che la fisica quantistica incontrava più le mie corde.
Ma la mia matematica si è andata sempre più imbarbarendo e in seguito fui attratto dalla caotica complessità delle società umane. Quindi non se ne fece nulla. Fatto sta che a 15 anni capivo meglio le implicazioni della teoria della relatività generale di quanto non faccia ora.
Quindi, magari, tutto quello che sta scritto in questo libro sono solo tecnobubbole.
Ma Simmons, in "gli uomini vuoti", parte dagli ultimi sviluppi delle teorie quantistiche, infarcisce tutto con tecnobubbole più o meno credibili e un po' di gergo matematico fornitogli dalle sue letture (e dalla supervisione del suo amico matematico). Aggiunge una delle poche realizzazioni credibili della telepatia (che all'interno della teoria del campo unificato, in effetti, perde alcune delle sue contraddizioni logiche. Non per questo è provato che funzioni) per imbastire una trama d'avventura. Un viaggio, sulle strade di un'America dura e terribile, in cui si passa da un negozio di eremiti persi tra le paludi della florida alla caotica folla di Disneyworld. Dalle grinfie di un mafiosetto da quattro soldi alla steimbeckiana desolazione di un villaggio di senzatetto sotto il cavalcavia dell'autostrada di Denver (a 1700 metri sul livello del mare, tanto per capirci) fino al deserto del Texas. Dalla padella di un vicesceriffo stupido e crudele alla brace di una serialkiller razzista e in fondo sciocca. Dal purgatorio costantemente illuminato di Las Vegas all'universo tascabile che può generare una mente senza o quasi input sensoriali.
È la storia di un uomo ferito dalla perdita dell'unica persona che abbia mai veramente amato e dall'intollerabile violenza della capacità che avevano in comune. La telepatia usata per gettare uno sguardo crudele nell'animo umano. Ce n'è per 20 romanzi, ho letto saghe intere basate su uno solo di questi aspetti (ricordate al teoria della merda?).
Beh, qui in più c'è una scrittura abbastanza semplice, in partenza, che poi si snoda nell'alternanza fra due piani narrativi, il presente disperato del personaggio (la metafora che usa Simmons è un ricordo di Jeremy. Raggiunse il fondo della piscina e vi restò fino a quando senti mancare il fiato. Resistette ancora, fino a che le bolle d'aria sfuggirono dalla sua bocca e poi, dopo un'altra breve esitazione si rassegnò a tornare a galla. Lentamente.) e i continui flashback.
All'inizio si narra l'inizio e lo svolgersi della sua storia con Gail. Lo straordinario e terribile dono che condividono, le sue ricerche matematiche e l'applicazione che trovano nella ricerca di uno scienziato (ebreo scampato ai forni) rispetto allo studio delle onde mentali come fronti d'onda probabilistici.
Il parallelismo che trovano tra questa teoria e le teorie quantistiche (qui interviene il potere performativo della parola. Bergonzoni docet) e la deduzione che ne traggono di come l'universo si struttura in relazione all'osservatore. Una specie di olograma che prende forma dal caos probabilistico. Il fronte d'onda collassa in un frammento di realtà in relazione al fatto che è osservato.
Vedete, Simmons è più bravo di me a spiegarlo.
In pratica è la trasposizione narrativa del principio quantistico per cui, se osservi un oggetto a livello subatomico, il semplice atto di osservarlo lo influenza e ne cambia lo stato.
L'esperimento delle due fessure ne è la dimostrazione.
Simmons lo fa trasporre al suo personaggio sul piano macroscopico, con un salto logico mica male.
Il risultato è però piuttosto gradevole, la narrazione scorre via molto bene, grazie al gioco delle citazioni esplicite e soprattutto a un pesante ricorso al dialogo anche con funzioni narrative.
Poi il secondo piano inizia a narrare un'altra storia, quella delle disgrazie di un bambino sostanzialmente privo di input sensoriali e tu ti dici: che c'entra mo questo? In seguito, ti accorgi che, con un altro salto narrativo, il narratore del secondo piano (e ti resta il dubbio, anche del primo) non è lo scrittore, ma un qualche tipo di coscienza, forse addirittura disincarnata, che è quella del bambino. E ti chiedi si, ok, ma come cazzettino fa a sapere tutte 'ste cose? Sorge il dubbio che sia lui la "coscienza" che con la sua visione da una forma al mondo, sorta di Demiurgo che è parte del mondo che crea.
Insomma, un romanzo infarcito di tutta 'sta roba e che riesce a gestirla piuttosto bene merita un piccolo sforzo.
Il racconto aggiunto al volume, invece, malgrado l'ipernarcisista scheda dell'autore (sia ben chiaro, io considero l'ipernarcisismo un pregio) non è molto soddisfacente.
Carina l'idea e anche ben scritto, ma Morrison ha scritto, rispetto all'effrazione del quarto muro, cose molto più profonde.
Ok, in coda a qualsiasi altro urania o quasi avrebbe fatto un figurone. Diciamocelo.

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